Credo nel dovere di difendere chi è discriminato. E non voglio vivere in una società omofoba

Il commento di Marco Tavazzi sull’omofobia

Ho visto l’odio. Negli sguardi colmi di disapprovazione. E di stupidità.

Ho visto l’ignoranza. Sgusciare tra le labbra di persone che non sanno guardarti negli occhi, ma bisbigliare alle spalle.

Ho visto l’ignoranza che invece parla a viso aperto, guardandoti negli occhi. Specie se i tuoi occhi sono due, e lui alle spalle ha dieci compari.

Ho visto la supponenza, la cattiveria superficiale di chi spara sentenze e ama schiacciare il più debole. E l’orrore che mi suscita ascoltare chi pensa di avere la verità in tasca. E di doverla diffondere omologando le masse.

Ho visto però anche gli occhi del coraggio. Sono sempre di meno, ma sono sempre accesi.

Lo sguardo è quello che rivela molto, se non tutto, della persona che abbiamo davanti. Se anche non volessimo citare la strausata frase che gli occhi sono lo specchio dell’anima, non possiamo negare che essi raccontano quel che siamo, quel che abbiamo visto. E soprattutto dove vogliamo andare.

Sono anni, tanti anni, che quando mi guardo allo specchio mi chiedo dove io voglia andare. Tra i molti dubbi che fanno parte di chi si mette sempre in discussione, per cercare di ottenere il meglio in ogni cosa in cui si lancia, ho delle certezze.

Qualcosa che fa parte del mio animo. Una serie di valori che sono parte integrante della mia essenza. Un certo senso della giustizia. Dell’equità. Il dovere di difendere chi si trova in difficoltà. Di difendere chi è oggetto di odio immotivato.

E di qui la mia decisione di difendere i diritti Lgtbi, da eterosessuale. Perché la difesa dei diritti gay non deve vedere in prima fila solo persone gay. Stare dietro le quinte, per gli eterosessuali, significherebbe mostrare il più bieco egoismo, tipo “Se non mi tocca, non me ne frega niente”.

O del tipo “Io mi faccio gli affari miei”. Ecco, io ho tanti difetti. E per qualcuno sarà un difetto anche quello che sto per dire, ma non per me: io gli affari miei non riesco a farmeli. E se c’è qualcosa che trovo ingiusto, ho voglia di rompere le palle. Nella nostra società chi ama “in modo diverso” (sarebbe poi interessante analizzare l’uso del termine diverso, ma rimandiamo) è ancora troppo discriminato. E io, da eterosessuale, non voglio vivere in una società dove una persona omosessuale è discriminata. Non voglio. E voglio combattere per cambiare le cose.