I pasti della Brunella e via Luini. Le due oasi di salvezza in città

Sono i luoghi che offrono cibo e aiuto alle persone indigenti

Un aiuto per molte persone bisognose che abitano in città viene da numerose associazioni e istituti di beneficenza. Se alla sera è possibile trovare un pasto caldo all’istituto delle suore di via Luini, il pranzo viene servito ogni giorno alla Mensa del Povero alla Brunella di Varese. Il servizio di distribuzione è attivo ogni singolo giorno dell’anno ed è gestito dai volontari della Onlus Pane di Sant’Antonio. Cento persone si mettono a disposizione, a turno, per erogare ogni anno circa 25mila pasti. Quattromila ore di volontariato, durante le quali vengono serviti mediamente settanta pasti al giorno. L’ingresso alla mensa si apre alle 11 del mattino, dal lato di via Marzorati e le persone entrano ordinatamente, in fila, nella grande sala.

Il servizio funziona come un classico self-service e i volontari, una dozzina al giorno e capitanati da un responsabile di giornata, servono i pasti e assistono gli ospiti. A colpirmi è un dettaglio: i piatti sono tutti di ceramica. «Vogliamo poter dare un senso di stabilità» mi spiega Laura Moradei, volontaria della Mensa. «Non ci piaceva la precarietà rappresentata dai piatti di plastica». Francesca Guarini, responsabile del servizio, racconta di un senso di conforto che questo luogo deve dare alle persone. C’è una grande dolcezza nei gesti dei volontari. Alla fine del pasto, gli ospiti salutano e vanno via. Su tutto, domina la loro grande dignità e compostezza.

«Come tutte le strutture che si occupano di persone svantaggiate – racconta Laura Moradei – anche noi registriamo un forte aumento di italiani tra i nostri ospiti. Se in passato gli extracomunitari erano la maggioranza, oggi la proporzione si è molto assottigliata e si può parlare di un 50 e 50». Gli italiani che si rivolgono alla struttura caritatevole sono i più insospettabili. «Noi aiutiamo nello specifico persone che si trovano in un bisogno estremo. Adulti che per questioni economiche, per la perdita del lavoro o lo sfasciamento della famiglia si ritrovano a vivere in condizioni di grave emarginazione» prosegue la volontaria. «Ogni persona ha il suo vissuto particolare, ma a grandi linee basta che il punto di partenza sia svantaggiato, per basso grado di istruzione o povertà della famiglia di origine, per ritrovarsi in forte difficoltà al primo imprevisto».

Oltre alla mensa, si può accedere ad alcuni servizi collaterali, due volte alla settimana. Le docce, con incluso un cambio completo di biancheria, che registrano 2500 ingressi all’anno, l’armadio per la distribuzione degli abiti, e l’Emporio della Solidarietà, un market in cui alcune famiglie selezionate dalle Caritas parrocchiali perché riconosciute come bisognose possono, per un determinato periodo di tempo, “acquistare” , ovvero ricevere in beneficenza, beni di prima necessità. Questa grande macchina assistenziale ha però dei costi notevoli.

«Volendo offrire una mensa con menu equilibrato e uguale per tutti gli utenti, paghiamo un cuoco professionista. Ci sono poi le spese per il mantenimento della struttura, per il riscaldamento, l’elettricità e acqua che nel complesso superano quelle per l’acquisto di alimenti, che in parte ci vengono donati – ammette Laura Moradei – Per questo accettiamo qualunque tipo di donazione, dalle cassette di mele ai bonifici». Infine, i volontari propongono ai loro assistiti anche alcune attività ludiche. Quest’anno, in particolare, grazie a Unitalsi, due persone che frequentano giornalmente alla mensa hanno vinto un’estrazione e avranno l’opportunità di fare un viaggio totalmente gratuito a Lourdes.