In quattrocento alluvionati e senza soldi «Non ci stiamo»

Alessandro Paoli, vittima del nubifragio del 2009, annuncia: «Siamo pronti alla class action»

Alluvionato nel 2009 da sette anni attende di essere risarcito: «Due settimane fa ho scoperto che quei soldi non ci sono più. Nelle mie condizioni siamo in 400: pronti alla class action. Perchè qualcuno quei soldi li ottenne, non è chiaro però sulla base di quale valutazione». La sua attività finì sott’acqua nel luglio 2009. Per Varese fu dichiarato lo stato di calamità naturale. Un mezzo per riuscire a risarcire, almeno in parte, tutti coloro che si videro danneggiati dalla fuori dell’Olona.

«Presentai la domanda di risarcimento al Comune – racconta Alessandro Paoli, imprenditore varesino titolare della PmRent, azienda che noleggia auto e veicoli commerciali – presentai, come tanti altri, una richiesta secondo le indicazioni che all’epoca ci diedero proprio dal Comune. Una richiesta che fu giudicata congrua, quindi che possedeva tutte le caratteristiche, tutti i requisiti per essere accolta». Valore del risarcimento richiesto: 100mila euro. Era il 15 luglio 2009 quando Varese finì letteralmente sott’acqua. La PmRent si allagò completamente: i mezzi finito completamente sommersi, dieci dei 18 presenti in azienda in quel momento risultarono irrecuperabili quando le acque finalmente si ritirarono. Paoli su quel risarcimento contava, lui come tanti altri che non hanno visto il becco di un quattrino, per poter ripartire. «Siamo ripartiti comunque – precisa – a prezzo di sforzi davvero importanti. Siamo ripartiti ma non certo grazie all’aiuto delle istituzioni. Abbiamo lavorato giorno e notte, il lavoro per fortuna non è venuto a mancare altrimenti ci saremmo davvero ritrovati in ginocchio».

Di quei soldi, però, di quella domanda congrua e quindi accoglibile, Paoli negli anni non ha mai saputo nulla. La “filiera” chiamiamola così era composta da Comune che avrebbe inoltrato le richieste a Regione Lombardia che avrebbe ricevuto e distribuito i fondi erogati dallo Stato. Intendiamoci, non è che Paoli in sette anni non si sia interessato. «Ho ipotizzato di presentare denuncia al Magistrato del Po – racconta – le istituzioni mi hanno sconsigliato di farlo. Chi lo ha fatto, peró, qualcosa ha avuto. Tutti noi che ci siamo semplicemente limitati a seguire le regole così come ci era stato detto di fare non abbiamo avuto un euro». Paoli, nel frattempo, nel 2012 scopre di essere affetto da una patologia rara ed estremamente grave. Tale per cui ogni due anni torna negli Stati Uniti per curarsi. «Ho più volte chiesto l’attenzione di Comune e Regione – racconta – non sono stato preso in considerazione sino a quando non ho minacciato di smettere di curarmi». Una protesta che evidentemente avrebbe attirato l’attenzione dei media, che avrebbe sollevato un polverone. E che, forse, si è voluto evitare. «Ebbi quindi un incontro con il sindaco Attilio Fontana e l’assessore ai lavori pubblici Riccardo Santinon – spiega – Fontana in quell’occasione mi disse che capiva benissimo la mia situazione perchè lo stesso Comune di Varese, al quale l’alluvione aveva causato molti danni non era stato risarcito. Chi aveva mancato era lo Stato con lo stanziamento dei fondi».

Paoli ancora non si arrende. «Perché – ribadisce – qualcuno ha avuto qualcosa mentre tutti gli altri no. E sulla base di cosa poi? Nessuno era uscito a fare una valutazione delle richieste. Non un tecnico, non un funzionario. Nulla. Su quali basi era stato deciso che pochissimi avrebbero potuto avere qualcosa e altre 400 persone con richieste congrue invece no?».
E pochi giorni fa incontra il sindaco Davide Galimberti. «Che si è immediatamente attivato – racconta – davanti a me ha chiamato il geologo di riferimento che, candidamente, ha detto che tutte le nostre domande erano state rigettate. Ma in sette anni nessuno ha trovato il tempo di dircelo».
Incassato l’impegno di Galimberti a capire cosa sia accaduto, Paoli ha chiamato l’adunanza dei 400. «Il fatto che qualcuno sia stato risarcito – spiega – legalmente ci offre il grimaldello per mettere in campo una class action. E abbiamo già individuato una persona di riferimento capace di portarla avanti. Ci hanno preso in giro: andremo sino in fondo».