La commozione di Angelo Pezzotta è una lezione di storia di e vita

Benemerenze - Ieri la consegna delle Medaglie d’Onore con il riconoscimento al reduce dal lager di Braushweig

Il passo è incerto e risente inevitabilmente degli anni portati sulle spalle, 92 primavere che hanno conosciuto anche l’orribile inverno della guerra. Alla pronuncia del suo nome, però, Angelo Pezzotta si alza prontamente dalla sedia a lui riservata nell’Aula Magna dell’Università dell’Insubria e si dirige – sorretto dall’amorevolezza del figlio Silvio – verso il parterre di istituzioni che lo aspetta per premiarlo.
Stringe la mano al Prefetto Giorgio Zanzi, che gli si para vicino con estremo rispetto.

Lo sguardo è fisso verso il basso mentre ascolta la voce femminile che lo presenta al pubblico che gremisce la sala: «… Arrestato dai tedeschi a Merano nel 1943 ed internato nei campi di concentramento… Costretto a patire le angherie e le terribili condizioni del lavoro forzato… La tragica esperienza della vita sotto i bombardamenti… Porta nel corpo le cicatrici di quel ferimento…». È a questo punto che il ricordo si scioglie in una punta di commozione, da “asciugare” discretamente con un fazzoletto tenuto nella tasca della giacca. Il microfono che gli si avvicina – allora – ammette solo un timido e compunto «grazie, grazie a tutti».
È nell’esempio di un uomo che ha patito le sofferenze della nostra comune storia il momento più profondo e toccante del 2 giugno cittadino, una Festa della Repubblica incentrata sul riconoscimento del valore di chi per la libertà ha combattuto davvero, di chi sacrificò la propria giovinezza per portare la nazione a quell’appuntamento elettorale che ne determinò la forma istituzionale e ne certificò la rinascita. Nato nel 1924, residente a Somma Lombardo, fu Alpino nel secondo conflitto mondiale, fino a quella cattura che lo condusse nel campo di Braushweig, destinato al lavoro coatto presso le industrie aeronautiche Messerchmitt. Fu liberato nel 1945, prima ferito nei bombardamenti, e tornò in Italia «provato e irriconoscibile».
Pezzotta non è stato l’unico a ricevere la Medaglia d’Onore destinata ai deportati e agli internati nei lager nazisti. Alla memoria – perché è il destino, alleato con il tempo, a decidere della vita – i riconoscimenti sono andati anche a Giuseppe Alfieri, classe 1995 di Uboldo, morto di tubercolosi in un campo di concentramento tedesco il 29 agosto del 1944 e le cui spoglie sono state reclamate per decenni dalla famiglia. E a Giuseppe Cecatiello, classe 1919 di Napoli, internato a Dresda volontariamente al posto del padre lasciando la moglie in gravidanza. E, infine, ad Antonio Racioppo, 1923, foggiano, anch’egli privato della libertà e segnato indelebilmente dall’esperienza vissuta. Persone che non ci sono più, persone che vivranno per sempre nella memoria.