La Quiete, ultimo atto. La clinica è sigillata

L’ufficiale giudiziario ha chiuso ieri anche gli ultimi reparti. I dipendenti escono tenendosi per mano

Ultimo atto ieri per La Quiete: la storica clinica varesina, prossima a compiere 100 anni, ha chiuso. L’ufficiale giudiziario alle 12 di ieri ha apposto gli ultimi sigilli: la struttura, coinvolta in un fallimento nel 2009 e poi gestita da un gruppo laziale che non ha versato l’affitto dovuto al fallimento, dalle 14 di ieri è vuota. Per i 60 lavoratori (da ieri disoccupati) si apre adesso la trattativa per la procedura di licenziamento: i rappresentanti sindacali hanno proposto un licenziamento collettivo con pagamento di tutte le prestazioni arretrate ma il gruppo laziale ha detto no. I lavoratori potrebbero aprire una vertenza che porterebbe al fallimento della holding che controllava la clinica.

«Al momento – precisa Cinzia Bianchi, rappresentante Cgil – non abbiamo raggiunto alcun accordo».

Nei prossimi giorni le parti potrebbero incontrare il consulente del lavoro. Ieri i protagonisti di una battaglia unica per tenacia, intelligenza e amore verso il proprio posto di lavoro, ovvero i dipendenti della clinica, sono usciti tenendosi per mano dalla struttura dove per anni hanno accudito centinaia di pazienti.

«La Quiete ha chiuso nonostante la resistenza di sessanta persone, le promesse, le speranze e le proposte. Nonostante la solidarietà, le firme raccolte e l’interessamento senza colori della politica cittadina e regionale. Eppure non ci sentiamo sconfitti. Innanzitutto perché esiste ancora una concreta possibilità che alla fine, a dispetto di tutto questo italico guazzabuglio lungo 6 anni, la Quiete possa riaprire», scrivono i lavoratori in un comunicato letto ieri sera in apertura del consiglio comunale di Varese da Marco Pinti, consigliere della Lega Nord che ai lavoratori è rimasto sempre accanto. Una possibilità che si deve esclusivamente ai lavoratori.

«Esiste ancora una possibilità, e questa possibilità passa per la prossima asta. Solo allora tireremo la proverbiale riga in fondo ai conti, e solo allora capiremo di avercela fatta. Solo allora sapremo cogliere il grande senso di questa resistenza, che a tratti è stata disobbedienza», dicono i lavoratori. Asta fissata al prossimo 19 luglio con un ribasso a 7milioni 800mila euro per l’acquisto della struttura.

«Nulla di tutto ciò sarebbe stato possibile senza la nostra volontà, senza la guida di persone, come Gianni Ardizzoia e Cinzia Bianchi della Fp Cgil, o come Ivano (colonna storica della clinica), che oltre alla loro esperienza e professionalità, hanno dimostrato cuore e passione, sacrificando giornate intere a favore di questa splendida esperienza, né senza il sostegno di persone come Marco Pinti, che, messo da parte il colore, ha fatto politica nell’accezione più alta del termine», dicono i lavoratori.

«Per finire vogliamo lanciare un appello alle istituzioni: da oggi la clinica è chiusa, sigillata. Da oggi non potremo essere sul posto a custodirla, presidiarla, viverla. Tocca a voi fare in modo che resti com’è fino al giorno dell’asta. Per noi è stato un onore. Per voi rappresenta una responsabilità, nei confronti della città tutta e nel rispetto di 60 persone (e 60 famiglie) che attendono la sua riapertura». E il giorno dell’asta i dipendenti de La Quiete ci saranno «pronti a gioire».

«Quel giorno ci rendiamo sin da ora disponibili a sederci con chi si aggiudicherà l’immobile, pronti a spenderci ancor più di quanto abbiamo fatto per far ripartire le attività in maniera eccellente. Per dare a “la Quiete” il futuro che merita. Chiediamo a tutte le istituzioni di sedersi con noi e i nuovi proprietari, e di aiutarci a coronare questo sogno. La Quiete oggi chiude. Ma il suo futuro è già alle porte. #facciamorumoresalviamolaQuiete», concludono i lavoratori.