L’astensionismo è solo un pretesto di comodo. A Varese soffia ancora il vento del Pd?

La vera sfida? Convincere la gente a votare. L’editoriale di Marco Tavazzi

La vera sfida delle prossime elezioni sarà trovare gente che viene a votare. Questa affermazione non è il tentativo grossolano di fare della facile ironia sui mali della politica, come l’astensionismo, quanto un’esortazione a cercare, per la prima volta veramente e convintamente, di riallacciare i rapporti con i cittadini.

Perché la fuga dalle urne rappresenta oggi uno dei nemici che minacciano la nostra democrazia.

Lo abbiamo visto durante le amministrative degli ultimi due anni, quando, in particolari ai turni dei ballottaggi, si è recato a votare in moltissimi casi appena un elettore su due. O poco più.

A distanza di giorni, nelle diverse tribune di confronto e sui social impazza la polemica che divide chi ritiene un successo l’affluenza di circa il 40 per cento degli aventi diritto al voto al Referendum lombardo, e chi invece un fallimento. La verità è che potrebbe quasi sembrare un miracolo che poco meno di un elettore su due si sia recato alle urne, senza il tam tam mediatico delle principali televisioni nazionali, che rimangono ancor oggi, in piena era internet, il principale traino per andare alle urne in grado di smuovere il popolo italiano.

Il vero nemico è quindi, ancora più dell’antipolitica (che rimane comunque una deriva pericolosa) la fuga dalla politica. I dire “non me ne frega niente”, o “non mi riguarda”, o peggio ancora, in un certo senso, il “tanto non cambia niente”. Votare non è solo un diritto conquistato a prezzo di grandi sacrifici da parte di generazioni che ci hanno preceduto e di cui ormai purtroppo abbiamo evidentemente quasi perso la memoria. Votare è un dovere. Solo recandoci alle urne e partecipando alle decisioni possiamo definirci autenticamente cittadini.

L’astensionismo di protesta non è uno strumento politico. È un pretesto di comodo. Detto questo, la tornata elettorale del 2018 assume una rilevanza forse storica. Si torna a votare alle politiche, per rinnovare il parlamento, dopo un quinquennio di instabilità politica come non si vedeva dagli anni d’oro della Prima Repubblica.

A livello regionale sarà essenzialmente un esame dell’operato di Roberto Maroni, il più brillante ministro dell’Interno che la Seconda Repubblica abbia avuto, che oggi tuttavia si trova ad affrontare un avversario più forte del previsto. Giorgio Gori non è il classico esponente di centrosinistra, non è nemmeno un uomo pescato ingenuamente dalla società civile. È un personaggio forte, radicato, capace di muovere le pedine giuste.

Il confronto sarà epocale. Mentre a livello provinciale, torna lo scontro a tre che ha da sempre caratterizzato il nostro territorio: la concorrenza interna al centrodestra tra Lega e Forza Italia, dove oggi più di prima obiettivamente la Lega parte avvantaggiata, e il Pd dall’altra parte, che dovrà difendere un primato relativo, ottenuto solo negli ultimi anni. Se perdesse questo primato relativo, sarebbe il segnale definitivo che il vento di centrosinistra, che aveva iniziato a soffiare anche nella nostra provincia, si è ormai esaurito.