«Lidia non parlava di Binda. Non veniva a casa nostra»

Parla Paola Bettone, madre della studentessa uccisa

«Binda lo vidi soltanto due volte dopo la morte di Lidia: venne una sera a cena a casa nostra insieme a Giuseppe Sotgiu. E poi lo rividi quando Sotgiu fu ordinato sacerdote».

Paola Bettoni, la mamma di Lidia Macchi ieri ha testimoniato in aula. Da 30 anni attende di sapere chi nella notte tra il 5 e il 6 gennaio 1987 uccise sua figlia con 29 coltellate. Binda è Stefano Binda, 50 anni di Brebbia, ex compagno di liceo di Lidia, come lei aderente al movimento di Comunione e Liberazione all’epoca dei fatti, con un passato da tossicodipendente, arrestato il 15 gennaio 2015 con l’accusa di avere ucciso la studentessa varesina.

L’accusa ipotizza una relazione amorosa segreta tra i due. Con Lidia che ha cercato di salvarlo dalla droga comprando per questo libri sul tema. In particolare Seppellitemi con i miei stivali, storia di una volontaria londinese che fa volontariato tra tossicodipendenti, clochard e alcolizzati. Di Binda, però, mamma Paola non ha mai «sentito parlare. Non era tra gli amici che frequentavano casa nostra quando Lidia era viva». E l’amore? «Lidia era invaghita di Andrea Sala, più grande di lei – ha detto mamma Paola – non ha mai parlato di Binda».

Che non fosse Stefano l’amore impossibile?

«Mi accorsi di Andrea perché un giorno venne a casa nostra con altri due amici. Lidia era agitata e il da mamma capii. E chiesi: chi è dei tre? Lei disse: quello biondo con gli occhi azzurri. Era però un sentimento di Lidia: non ci fu altro. Lui era in Belgio per la tesi. Oggi vive negli Stati Uniti».

Tornando alla visita di Binda con Sotgiu: «feci quella sera una torta di mele. Trovai la ricetta nel Dolce Forno che avevamo regalato a Lidia». Non era però la prima volta quella che i Macchi vedevano Giuseppe Sotgiu: «la riaccompagnò a casa dall’università e si fermò per un The – qui mamma Paola piange ricordando cosa il marito Giorgio, oggi scomparso, disse parlando di Sotgiu – disse: mi è venuto un brivido. Come se mi avessero accoltellato». Mamma Paola, così come Nicoletta Guzzetti, l’amica del cuore di Lidia non videro mai Lidia comprare «libri sulla droga. In casa non ce n’erano e abbiamo controllato: non avrebbe potuto spendere 50 o 60 mila lire per quello», ha detto mamma Paola. Che aggiunge: «era stata Nadia la cugina a consigliarle la lettura di Seppellitemi con i miei stivali. Era Nadia ad aver perso un amico per la droga, ha aggiunto mamma Paola. Guzzetti ha ripetuto esattamente le stesse cose: «Binda non era nei pensieri di Lidia e lei non parlava mai di lui». Anche lei asserisce che la ragazza fosse invaghita di Sala. Ma che con lui non avesse una storia. Anche lei sostiene di non aver mai visto Lidia con libri sulla droga o di averla sentita parlare di voler salvare qualcuno. Guzzetti spiega anche almeno uno dei segni tracciati dentro la borsa di Lidia e inseriti dall’accusa in un certo simbolismo riconducibile a Binda: «Gu sono io – ha detto – l’ho scritto io e sotto c’è la mia firma. Non ha nessun significato particolare, all’epoca mi andava di scriverlo ovunque». Guzzetti poi torna alla morte di Lidia: «io e un’altra amica comprammo il vestito da sposa con cui fu seppellita. Andammo da Radiosa. Era un desiderio della madre che fosse vestita di bianco. Ricordo ancora il viso di Paola quando lesse sulla scatola: Radiosa veste l’amore».