Novant’anni da partigiano. «E ora vi scrivo una favola»

Rasa - Il “Cin” aveva 17 anni l’8 settembre del ’43 quando vide la strage di Meina. Oggi è felice e pieno di impegni

– Novant’anni appena compiuti, un’agenda fitta d’impegni e la patente di guida appena rinnovata per due anni e senza obbligo di lenti. É la vita del partigiano , che venerdì ha festeggiato i suoi primi 90 anni nella sua casa, alla Rasa, circondato dall’affetto degli amici più cari, i tre figli, i sei nipoti e Marialuisa, ovviamente, la moglie, l’amore di una vita «incredibilmente piena e felice».

«La torta per il mio compleanno aveva su un bel 90 e le candeline, come quella dei bambini», racconta sempre sorridente Luigi Grossi che per il suo compleanno ha ricevuto tanti libri, che adora, e due modellini di aereo, perché il volo prima di essere il suo lavoro è stata un’altra grande passione. «Ma avere vicino tutta la mia famiglia riunita è stato il regalo più bello – commenta lui – ho vissuto e vivo tutt’ora

felice per il grandissimo amore che provo per l’oro e per tutto l’amore che ricevo in cambio». La festa però è durata un giorno solo, perché l’agenda del “Cin”, è piena di impegni. «Ci si aspetta che alla mia età si faccia fatica a far passare il tempo – spiega – e invece per me il tempo precipita». Si avvicina il 25 aprile, e ora più che mai, la sua vita, il suo esempio, i suoi racconti sono richiestissimi, nelle scuole, nelle sezioni dell’Anpi, negli eventi istituzionali, per ricordare la Liberazione e la scelta degli uomini, delle donne e dei ragazzi come Cin che l’hanno resa possibile. Luigi Cin Grossi aveva 17 anni l’8 settembre del ’43 quando vide la strage di Meina, sul Lago Maggiore, il primo eccidio compiuto dai nazisti in Italia. «Tra le vittime c’erano vecchi, bambini e persone che conoscevo bene – racconta Luigi Grossi – Non aveva senso e capii di colpo cosa stava succedendo. Eravamo in guerra da otto anni, dalla campagna di Abissinia nel ’35, un massacro continuo di ragazzi poco più grandi me. Ho fatto quello che si doveva fare, una rivolta contro la guerra». Dapprima fu staffetta, distribuiva “l’Avanti” in fabbrica, poi la lotta in montagna, per la Repubblica dell’Ossola. Il suo nome di battaglia fu “Cin”: «Così mi chiamava la sorellina e così ero conosciuto da tutti. Di fatto era più identificativo di una fotografia» racconta spesso, ricordando sempre con affetto e commozione gli amici persi in battaglia.

Questa è la sua storia da partigiano. Poi c’è quella altrettanto avvincente della sua vita, di Marialuisa di cui si innamorò a prima vista sul Monte Rosa, degli aerei che disegnò come progettista dell’Aermacchi dopo aver imparato a volare ragazzino lanciandosi con un aliante malconcio giù per le colline di Arona con un gruppo di amici passato alle cronache come gli «aquilotti del gruppo o la va o la spacca», racconta lui, custodendo gelosamente un articolo di giornale del ’46. Avventure e storie che hanno ispirato i suoi libri, di cui ha appena concluso l’ultimo, il nono. «Mi hanno chiesto un libro per spiegare la Resistenza ai bambini, anche ai più piccini, e così ho scritto una favola, seguita da alcuni racconti più precisi. Il titolo è ancora da definire, ma dovrebbe essere stampato entro settembre». Infaticabile Cin Ieri era a Coquio Trevisago, settimana prossima sarà a Induno, Fondo Toce, San Fermo e infine sabato mattina al cinema Vela per la tradizionale consegna del premio 25 Aprile agli studenti varesini più meritevoli.