«Solo giustizia»

I familiari di Giada Molinaro, uccisa da un pirata della strada, rifiutano un risarcimento milionario. L’avvocato: «Vogliono costituirsi parte civile, per avere una condanna piena: senza nessun alleggerimento»

«Non intendiamo accettare alcun risarcimento. Non un euro. Non vogliamo soldi, vogliamo soltanto giustizia per Giada». Sono i familiari di Giada Molinaro, la studentessa varesina di 17 anni, investita e uccisa da un pirata della strada poco dopo le 23 dello scorso 14 settembre in via dei Mille a Varese, ad affidare al legale della famiglia, Corrado Viazzo, una dichiarazione chiarissima a fronte di un’offerta risarcitoria di quasi un milione di euro.

Il pirata, Flavio Jeanne, cuoco di 24 anni, fu arrestato tre giorni dopo il fatto. Ha ignorato gli appelli dei familiari della giovane a costituirsi, ha ignorato le suppliche della fidanzata a confessare ogni cosa. È stato arrestato a Sesto Calende mentre andava a lavorare dopo aver lasciato dal meccanico la Kia Rio grigia che ha travolto la ragazza dichiarando di aver «investito un cinghiale» per giustificare quel parabrezza sfondato ancora sporco del sangue della diciassettenne e quel fanale distrutto nell’impatto

che gli agenti del comando di polizia locale di Varese hanno ricostruito dopo aver raccolto i frammenti lasciati sull’asfalto. Il 21 marzo Jeanne comparirà davanti al gup di Varese Alessandro Chionna in sede di udienza preliminare. È accusato di omicidio stradale con le aggravanti dell’omissione di soccorso e della fuga. L’assicurazione del giovane si è fatta avanti proponendo di risarcire il familiari di Giada prima dell’inizio del processo. Ed è arrivato il rifiuto «secco della famiglia – spiega Viazzo – Parliamo di una cifra molto importante: la compagnia assicurativa si è detta pronta a raggiungere la massima fascia risarcitoria in questo specifico caso. Parliamo di circa 300mila euro per ciascun genitore della ragazza e a seguire cifre decrescenti per i familiari più stretti». Si sfiora il milione. «La famiglia ha detto no – spiega l’avvocato – una decisione ragionata.

Vogliono essere nel processo con la maggior forza possibile. Il che significa costituzione di parte civile». Accettare il risarcimento impedirebbe questa specifica costituzione in seno al procedimento: «i familiari, al massimo, potrebbero essere considerati parte lesa, una posizione processuale molto meno forte». Un risarcimento allegereribbe, inoltre, la posizione dell’imputato. «Non è quello che vogliamo – continua Viazzo – i miei assistiti vogliono giustizia, senza sconti, senza alleggerimenti. Una sentenza giusta, entro i limiti previsti dalla norma ovviamente, ma senza alcun alleggerimento». L’avvocato spiega: «non è accanimento da parte nostra. Si tratta di garantire giustizia a una giovane che, visto il comportamento dell’indagato, non ne avrebbe avuta senza l’eccellente lavoro svolto dalle forze di polizia impegnate nell’inchiesta». Jeanne si è pentito dopo l’arresto. Ha chiesto perdono. «Un perdono tardivo – dice Viazzo riportando esattamente le parole pronunciate qualche settimana fa da mamma Stefania e papà Pasquale – Ha avuto paura. Nessuno lo mette in dubbio. Ma sino al momento dell’arresto ha cercato di sfuggire alle proprie responsabilità».

Jeanne, dopo l’arresto, ha confessato. «Ha ignorato gli appelli che i familiari di Giada gli hanno rivolto supplicandolo di costituirsi, mentre piangevano la figlia morta sotto i loro occhi praticamente senza sapere chi avesse spezzato quella giovane vita. Senza essere certi di riuscire ad avere giustizia. Ed è quella che chiedono adesso». «Nessun risarcimento, soltanto giustizia per nostra figlia».