Sotto quel palco dove ogni cosa va al suo posto. Ci vediamo alla prossima. Come ogni volta

Il commento di Federica Artina sul concerto di Vasco Rossi

In fondo basterebbe che la realtà fosse sempre questa: sospesa, tra (in)consapevolezza e magia. Stanchi, sfiniti, senza voce ma pienamente se stessi. Sporchi, con gli occhi pesti, stralunati ma Vivi.

Non me ne frega niente di sapere o di dire che Modena Park sia stato il concerto perfetto, il concerto “che mi serviva”, il concerto da etichettare ad ogni costo. È inutile scrivere che ho riso, pianto, saltato, ballato, urlato, abbracciato amici, odiato sconosciuti: l’ho fatto altre cinquanta volte sotto il palco di Vasco, lo farò tutte le volte che sarà ancora possibile e l’universo andrà sempre avanti tale e quale. Un membro della band di Rossi ieri su Facebook scriveva: “Dopo una cosa così, si dovrebbe morire o venire lanciati nello spazio”. Ecco, io questo l’ho provato ogni singola, benedetta, maledetta volta che sono accorsa alla corte di Vasco.

Forse l’eccezionalità del mio Modena Park è proprio questa: che nonostante la sua magnificenza e imponenza, è stato come sempre. La nostra festa. La festa del Blasco e del suo pubblico. La festa, stavolta, nella quale finalmente tutti gli invitati hanno avuto la stessa dignità, senza salotti e palchetti d’onore, senza corsie preferenziali, senza paura e senza impazienza dai controlli sotto il metal detector alle file per i fottuti token.

Vasco ripete sempre: “Solo quando sono sul palco sto veramente bene”. Ecco, per me solo sotto il suo palco tutto funziona. Tutto, dentro di me, è libero e degno di essere come è.

Modena Park è stato per forza di cose un evento unico. Però noi ce n’eravamo già accorti nel corso di questi 40 anni che Vasco poteva smuovere folle oceaniche, poteva battere ogni record, poteva riempire cinema e palazzetti e andare dritto con la sua musica in diretta nazionale il sabato sera incollando allo schermo un telespettatore su tre. Modena Park è stato unico per i numeri, per l’organizzazione, per la scaletta e per gli ospiti. E perché era un’occasione speciale. Ma se ami una persona non le telefoni solo il giorno del suo compleanno. Certo, non puoi mancare alla sua festa di laurea… ma non la ricorderai tutta la vita solo per quello.

Sì, oggi il (mio) mondo è davvero migliore. Ma come lo è stato ciascuno degli altri cinquantuno “giorni dopo” e come lo saranno i prossimi “giorni dopo” che verranno. Domani arriverà la vita a bussare alla porta. Puntuale. Inesorabile. Fino alla prossima volta che schiaccerò “play”. Fino alla prossima volta che accenderò la macchina, afferrerò un biglietto e mi fionderò sotto il suo palco a far quadrare tutto. Ancora una volta. Come ogni volta.