Telecamere per spiare i professori. Via al processo

Un funzionario amministrativo ne aveva piazzate quattro all’interno dell’istituto Keynes di Gazzada Schianno

Telecamere a scuola per spiare i professori: ieri in aula il processo che vede imputato un funzionario amministrativo per violazione della privacy. La vicenda portata alla luce nel 2015 da un’indagine condotta dagli agenti della Digos della questura di Varese si sarebbe consumata tra le aule dell’istituto Keynes di Gazzada Schianno.

Il funzionario avrebbe fatto installare segretamente, con una spesa di quattromila euro, circa quattro telecamere. Il conto sarebbe tra l’altro stato pagato con soldi pubblici. Sulla carta l’installazione delle telecamere avrebbe dovuto monitorare eventuali “intrusioni” nell’istituto (ce n’erano già state in passato). Per gli inquirenti le cose stanno però in modo diverso.

Le quattro telecamere erano “segrete” e posizionate in luoghi strategici. La prima, l’unica anche dotata di audio, era nascosta nell’ufficio del funzionario stesso che in questo modo filmava e registrava i colloqui con i docenti. Le altre tre erano state disseminate in luoghi frequentati dai professori: sala docenti, sala ricevimento genitori, corridoi di passaggio. L’impianto era collegato a un personal computer.

Un pc utilizzato dal funzionario stesso poi finito sotto sequestro. Sul computer arrivavano immagini e dialoghi. In sintesi per l’autorità giudiziaria il funzionario, tra l’altro già arrestato negli anni novanta in seno all’inchiesta per Tangentopoli quando era funzionario provinciale, spiava i colleghi. Il perché non è mai stato chiarito anche se ci sono dei sospetti.

Il funzionario forse voleva controllare il rendimento dei colleghi: una delle telecamere nascoste sul soffitto tra i tubi di riscaldamento e aria condizionata puntava dritta sulla zona di timbro dei cartellini di ingresso e uscita dal lavoro dei dipendenti. Ieri l’uomo in aula ha dichiarato che sarebbe stato il dirigente scolastico a suggerirgli il posizionamento delle telecamere. Nel 2015, però, come rilevato dal pubblico ministero Antonia Rombolà, il funzionario aveva dichiarato esattamente il contrario. Ovvero che era stato lui a suggerire al dirigente il posizionamento delle telecamere.

L’imputato ha dichiarato inoltre «di aver informato colleghi e genitori degli studenti» dell’iniziativa. Ma dell’informativa non ci sarebbe traccia. E ancora è stata trovata documentazione relativa alle telecamere datata 2011, fatto che non quadra assolutamente con quanto dichiarato sempre dal funzionario.

L’udienza è stata aggiornata al prossimo 10 luglio. E il processo magari chiarirà anche un giallo nel giallo. Le telecamere avrebbero dovuto essere sei. Ma la Digos ne ha trovate soltanto quattro. Le due rimanenti o non sono mai state installate, oppure sono state rimossa prima dell’intervento degli inquirenti. E qualora fosse così dove si trovavano?