«Io e mia figlia stavamo morendo.Oggi dico grazie a chi ci ha salvato»

Il 17 ottobre 2013 Elisa e la sua bimba vennero sbranate da un cane

«Non ci ha soltanto salvato la vita. In qualche modo, intervenendo, ci ha salvato anche il futuro. È una cosa difficile da spiegare. Ma voglio provarci per dare ancora più forza al mio grazie». La voce di Elisa è calma. Rivela un carattere d’acciaio che non ti aspetti forse da chi ha rischiato non soltanto di morire, ma di vedere morire la sua bimba. Era il 17 ottobre del 2013 quando madre e figlia furono aggredite da un cane corso praticamente sulla soglia di casa loro. Il cane ha quasi ucciso entrambe non fosse stato per quel vicino, un veterinario tra l’altro, che è intervenuto «mostrando un sangue freddo incredibile», dice Elisa, mentre la proprietaria del cane restava immobile davanti alla scena «come se non ci fosse. Capisco lo choc ma era il suo cane e credo che l’istinto ti debba portare a cercare di salvare almeno i bambini».

Per spiegare quel riferimento al futuro salvato Elisa spiega cosa è accaduto. «Il cane ha aggredito mia figlia – racconta – la piccola all’epoca aveva tre anni e mezzo. È stata a lungo ricoverata in ospedale e ha subìto tre interventi chirurgici prima che le ferite causate dal cane che l’azzannava si rimarginassero».

Elisa ha fatto la mamma: si è messa tra il cane e la bimba. L’ha presa in braccio per fuggire e l’animale, a quel punto, si è avventato su di lei. Azzanandola al volto, alla testa, al collo. La ferita al collo le ha lesionato la giugulare. «Sembra assurdo – spiega – ma mi sono ritrovata a contare, controllare il tempo tra un respiro e l’altro, cercando di rallentarlo il più possibile affinchè l’emorragia fosse più lenta. Che il sangue in qualche modo pulsasse meno, per non morire dissanguata».

Quei minuti sono stati di annichilimento. «Non so spiegare a parole il senso di solitudine e di impotenza che ti assale mentre sei in quella situazione e nessuno ti aiuta – racconta – È uno smarrimento, una solitudine senza speranza che raddoppia il trauma. E poi è arrivato lui. Un vicino di casa, il più schivo, quello che non vuole mettersi in mostra, che non ama socializzare. Dal quale non ti aspetti una lucidità, una prontezza ed un coraggio straordinari come quelli mostrati quel pomeriggio. Ci ha salvate, è stato eccezionale. Ha rischiato la vita per la nostra e non solo».

Elisa qui dà un dettaglio che riassume quanto quell’aggressione sia stata devastante e come si sarebbe rivelata mortale senza quell’intervento. «Lui ha fatto una cosa che ha permesso ai medici di guarirmi – racconta – ha raccolto i brandelli del mio viso e del mio cranio staccati dai morsi del cane. Li ha raccolti dal terreno e li ha messi da parte consegnandoli poi ai medici. Io ero ridotta un teschio: quei tessuti, ovviamente conservati dai medici e dai soccorritori intervenuti, hanno consentito poi ai chirurghi plastici di ricucirmi».
Per capire come non si sia trattato del semplice morso di un cane bisogna ricordare il calvario ospedaliero di Elisa. Ricoverata in Rianimazione è rimasta in ospedale quattro mesi. Per rimarginare le ferite ci sono voluti una decina di interventi chirurgici. Tutti molto dolorosi.

«Gli devo la vita, ma ancora più importante, gli devo la vita di mia figlia – spiega – non so come abbia fatto, dove abbia trovato quel coraggio. La mia bimba oggi ha sei anni grazie a lui. Ho pensato in quegli istanti di terrificante solitudine che rischiavo di vederla morire. Oggi è in prima elementare».
Il cane, tra l’altro «non ha ubbidito ai richiami iniziali della proprietaria. Inizialmente è stato detto che eravamo amiche e la bimba e il cane si conoscevano. Non è così. Non avevo mai visto prima nè quella persona nè quel cane».

La lettera inviata da Elisa all’uomo che ha salvato lei e sua figlia