11 Sett/ Pilota Air Force One: la mia missione era salvare Bush

New York, 26 ago. (TMNews) – Mark Tillman, il pilota dell’Air Force One ai tempi dell’era Bush, era stato preparato per mesi su come agire in caso di attacco terroristico, ma come lui stesso ammette, nessun training può preparare a un evento come l’11 settembre. “Era diverso, si trattava di un attacco dall’interno e il presidente non voleva seguire la procedura da mettere in atto in caso di attacco nucleare: nasconderlo, tenerlo al sicuro e permettere al governo di lavorare”, afferma Tillman su Usa Today.

Il pilota si è ritirato dal ruolo di colonnello dell’Air Force nel 2009, e in occasione del decimo anniversario del maggiore attacco terroristico sul suolo americano accetta di raccontare quella giornata. “Siamo stati certi che fosse un attacco terroristico quando è stata colpita anche la seconda torre del World Trade Center”, racconta. Doppio controllo delle identità di ciascuno a bordo dell’aereo, un ufficiale armato fuori dalla cabina di pilotaggio e il decollo dal Sarasota-Bradenton International Airport, dove Bush era in visita a una scuola elementare. Solo successivamente è arrivata la scorta di un caccia, mentre il pilota riceveva la notizia che l’Air Force One era stato intercettato, e quindi a rischio. “Eravamo sul Golfo del Messico e il vice presidente Dick Cheney ha detto che ‘Angel’ – il nome in codice di quegli anni per l’aereo presidenziale – era il prossimo bersaglio”, racconta Tillman.

Il presidente Bush intanto voleva tornare a Washington, ma il pilota, d’accordo con i consiglieri, ha preferito portare l’inquilino della Casa Bianca prima alla base militare di Barksdale, in Louisiana, successivamente a Omaha, dove c’è la sede dell’ U.S. Strategic Command. Finchè il presidente non ha deciso di fare rotta sulla capitale. “Bush mi chiese anche come stava la mia famiglia. Nutro profondo rispetto per lui, a tutt’oggi farei qualsiasi cosa per lui”, conclude il pilota.

A24-Pir

© riproduzione riservata