Il 19 giugno 1938, allo stadio Colombes di Parigi, agli ordini del francese Capdeville, entrano in campo le seguenti formazioni:
ITALIA: Olivieri, Foni, Rava, Serantoni, Andreolo, Locatelli, Biavati, Meazza, Piola, Ferrari, Colaussi. Ct: Pozzo.
UNGHERIA: Szabo, Biro, Polgar, Lazar, Szucs, Szalay, Titkos, Zsengeller, Sarosi, Vincze, Sas. Ct: Schaffer.
La partita iniziò per l’Italia nel migliore dei modi: già al 6′, Colaussi portò in vantaggio gli azzurri. La reazione ungherese fu però fulminea e dopo soli due minuti Titkos siglò la rete del pareggio. Lo schieramento di Pozzo, con Meazza in regia, si riporta avanti con Piola. La doppietta di Colaussi porta l’Italia sul doppio vantaggio. Il campione Sarosi accorcia le distanze nella ripresa prima che Piola firma la sua doppietta personale, blindando il trionfo azzurro.
Italia e Ungheria nuovamente di fronte. Una sfida che si ripeteva da anni, una classica del calcio centro-europeo. Da quella famosa partita di Budapest dell’11 maggio 1930 quando gli azzurri andarono a conquistare la Coppa Inter-nazionale e Meazza attinse le vette della celebrità europea, i magiari erano riusciti a pareggiare due sole volte perdendo i rimanenti incontri sia a Budapest che in Italia. Ma ora guardavano alla finalissima con una certa fiducia in virtù delle individualità di spicco che caratterizzavano ogni reparto della squadra. Gyula Lazar, grande laterale idolo delle folle ungheresi, Zsengeller tecnico e opportunista, e soprattutto Giorgio Sarosi, centravanti, erede diretto di Schaffer, Schlosser e Orth, gli antichi condottieri del passato, infondevano fiducia a Karol Dietz, ai tifosi magiari e anche agli sportivi cosiddetti neutrali che mal sopportavano le imprese degli azzurri e lo avevano dimostrato ad ogni occasione.