Sono passati 23 anni dall’assassinio di Marco Biagi, il giuslavorista ucciso dalle Nuove Brigate Rosse la sera del 19 marzo 2002, mentre rientrava a casa in bicicletta a Bologna. Un omicidio che scosse profondamente l’Italia e che ancora oggi resta una ferita aperta nella memoria del Paese.
Biagi, consulente del Ministero del Lavoro e professore universitario, stava lavorando a una riforma del mercato del lavoro che avrebbe introdotto nuove forme contrattuali per rendere più flessibile l’occupazione. Il suo impegno lo aveva esposto a minacce e attacchi, tanto che aveva chiesto più volte la protezione dello Stato, senza però ottenerla.
Dopo la sua morte, l’allora premier Silvio Berlusconi dichiarò: «Marco Biagi è stato un martire della libertà, un uomo che ha dato la vita per le sue idee e per il bene del Paese. Non dimenticheremo mai il suo sacrificio». Parole che oggi risuonano con forza, ricordando il valore della sua battaglia per un mercato del lavoro più moderno ed efficiente.
Nel corso degli anni, diverse iniziative hanno mantenuto vivo il ricordo di Biagi. A lui sono stati intitolati istituti, borse di studio e leggi sul lavoro. Ma il dibattito sulla sua eredità resta aperto: la sua riforma divise il Paese allora e continua a essere al centro di discussioni ancora oggi.
Nel giorno dell’anniversario, le istituzioni, il mondo accademico e i familiari lo ricordano con cerimonie e momenti di riflessione. La sua morte resta il simbolo di un attacco feroce alla democrazia da parte del terrorismo, ma anche della necessità di proteggere chi lavora per il bene comune.