BESNATE Con la parrucca o senza, non importa, basta che ci fosse il taglierino: perché è questo lo strumento grazie al quale hanno dato l’assalto a ben 11 istituti bancari di mezza Lombardia nel giro di appena cinque mesi, racimolando la bellezza di 130mila euro. Una sequenza niente male per due trentaquattrenni, Simone Tavola, lecchese, e Massimo Allegretti, della provincia di Monza.
Entrambi noti alle forze dell’ordine, hanno infilato una serie incredibile di rapine in banca, per otto delle quali sono già stati condannati con rito abbreviato, rispettivamente a 6 e a quattro anni. Gli è stata riconosciuta la continuazione.
Ma ora c’è dell’altro: nel Varesotto sono ritenuti responsabili infatti di almeno altri tre colpi sfuggiti agli inquirenti, due dei quali avvenuti a Besnate il 26 ottobre e il 30 novembre dello scorso anno, sempre alla Banca popolare di Sondrio, e il terzo a Travedona Monate, il 4 novembre all’Ubi Banca.
Per queste tre nuove rapine, che hanno fruttato complessivamente 27mila euro, il tribunale di Busto Arsizio ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per entrambi, eseguita l’altro ieri dagli agenti della Squadra mobile di Varese.
Ricostruiti i pezzi di una sequenza che parte il 20 ottobre da Annone Brianza, nel Lecchese (Banca popolare di Milano) e termina sempre nel Lecchese l’8 febbraio, ad Abbadia Lariana (Banca popolare di Sondrio), e ad associarli alle tre rapine avvenute nel Basso Varesotto.
In mezzo gli assalti all’Intesa di Cadorago (Como, 16 novembre), all’Intesa di Cornate d’Adda (Milano, 10 dicembre), Popolare di Bergamo di Costa Masnaga (Lecco, 18 dicembre), Banco Desio di Cadorago (29 dicembre), Deutsche Bank di Vercurago (Lecco, 11 gennaio), Intesa di Inveruno (Milano, 25 gennaio).
Un mese dopo, il 3 marzo, sono stati arrestati, e avviati al giudizio per questa serie di rapine. Ora un nuovo capitolo che li tocca da vicino. Il riconoscimento è stato possibile grazie agli impianti di videoripresa, che hanno permesso di confrontare le immagini e cogliere quindi gli elementi di somiglianza tra le persone coinvolte. E nonostante l’uso, in alcune occasioni di una parrucca, è risultato evidente agli investigatori l’identificazione dei due sospetti.
Franco Tonghini
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