Il santuario del sesso facileViaggio nel lungolago di Azzate

AZZATE Intorno al Santuario il silenzio è rotto soltanto dal verso di una civetta. I lampioni illuminano la spiazzo davanti alla chiesa, rendendo meno tetro il boschetto. All’improvviso un’auto mette la freccia, lascia la Provinciale e imbocca il viale sterrato verso il tempietto. Una nuvola scura copre la luna, quasi a volerle nascondere lo spettacolo che sta per consumarsi. Inizia così la cronaca di una sera come tante sul sagrato della Madonnina del lago, negli ultimi giorni al centro di un’ordinanza

del Comune di Azzate contro l’adescamento e il degrado in una zona che dovrebbe essere segnata dal rispetto e dalla preghiera. Qui, dicono i residenti, da tempo si incontrano omosessuali in cerca di emozioni forti. Noi ci siamo finti del giro per vedere che cosa succede. E abbiamo scoperto che l’area del Santuario, proprio sotto gli occhi della Madonna, è un ritrovo del sesso facile per tutti i gusti. Omosessuali di giorno, soprattutto scambisti e voyeur la sera.

Arriviamo e spegniamo il motore. Passa una manciata di minuti e un’automobile imbocca il viale e si avvicina lentamente. Sembra un’eternità. A bordo ci sono due uomini: ci affiancano, ci guardano, ci studiano. Poi si allontanano, lasciando l’auto in un parcheggio a pochi metri. Passano altri cinque minuti: un’utilitaria con targa svizzera entra anche lei nella zona vietata. La guida un uomo, al suo fianco è seduta una donna. Anche loro procedono a rilento, appartandosi nel buio dietro l’edificio. A quel punto dalla prima auto scende il conducente. Si avvicina a noi, girandoci intorno come uno squalo affamato.

A quel punto prende coraggio e ci bussa al finestrino. «Andate via di qua – ci dice preoccupato – se vi trovano vi fanno la multa: ci sono in giro carabinieri e vigili». Noi non capiamo se è una tattica per avvicinarci o semplice solidarietà tra habitué del sesso facile. Ci dimostriamo comunque interessati alla situazione. E lui inizia a farci da guida, e con toni coloriti che lasciano poco spazio all’immaginazione ci racconta che qui la sera lui ci viene per guardare le coppie: «Ma non solo guardare – aggiunge subito – spesso me le faccio pure. Non immaginate quante volte mi è successo: qui ci sono un sacco di mariti che portano le mogli e le offrono agli altri. Arrivano da tutta la zona, anche dalla Svizzera». Un’ultima raccomandazione e si allontana verso l’auto della donna. Si appoggia allo spigolo della chiesa e inizia a spiare. Aspetta un segnale. Quello delle luci dei freni. È quello infatti il codice per dare il via libera al torbido gioco. L’uomo torna da noi e sussurra: «Sono lì, ora vediamo se ci fanno combinare qualcosa». E per rendere più esplicita la cosa si sbottona i pantaloni e si mostra verso l’auto appartata. Lo raggiunge un amico. Ci squadra, poi insieme spariscono nel buio. Devono aver fiutato qualcosa: non siamo del giro e le nostre domande e la nostra inattività li hanno insospettiti. «Ho paura che mi becchino i carabinieri – ci aveva detto poco prima – mi hanno controllato un sacco di volte». Il nostro interlocutore riappare, ma questa volta non ci saluta nemmeno e si allontana.

Rialziamo il finestrino e aspettiamo. Altri cinque minuti, forse dieci. Finché tocca a una station wagon raggiungere il santuario. La guida un uomo. È solo. Ci punta subito, affiancandoci. Sembra avere fretta. Parcheggia proprio dietro di noi. Capiamo presto il motivo: aspetta che si accendino le luci rosse degli stop. In attesa che arrivi ci fa i fari. Poi, quasi stupito della nostra ritrosia, inizia a far segni con la luce del cellulare. Non rispondiamo. Allora lui fa un ultimo tentativo: si piazza con l’auto davanti a noi e accende le luci di stop. Ma presto perde la speranza e si allontana, incrociando un’altra macchina: i due automobilisti si scambiano qualche parola, che non riusciamo a comprendere. Evidentemente ha detto al nuovo arrivato che non c’è trippa per gatti. Siamo una bufala. Anzi, forse siamo pericolosi. Se ne sono accorti e preferiscono cambiare aria.

Torniamo al mattino. Poco prima di mezzogiorno ci sono già sei auto appartate. E come la sera prima veniamo abbordati in pochi minuti. Un uomo sulla sessantina si avvicina. Vuole subito metterci a nostro agio: «Siete nuovi del giro? Io ci sono ogni tanto e non vi ho mai visti, ma qui c’è sempre movimento». Gli stiamo simpatici: sembrerebbe quasi uno zio se non fossimo in questo contesto fatto di sguardi stravolti e pantaloni calati. «Sapete, sono sposato, ma fare sesso con la moglie dopo tanti anni non è più la stessa cosa – ci confida – E poi con un uomo è molto più eccitante, lo capirete presto». Si stupisce della nostra età, qui il target è over 40. «Di giovani se ne vedono pochi – dice – ma una volta ho portato là dietro un trentenne e abbiamo fatto di tutto». Grazie, non siamo interessati. Ci saluta, anche perché l’arrivo di un mezzo per la pulizia (in terra è facile imbattersi in preservativi) crea il fuggi fuggi. Più tardi però ci troviamo un altro uomo. Va subito al dunque: si gira verso di noi e ci fa segno di seguirlo dietro l’edificio. Decliniamo l’invito e ce ne andiamo. Questa volta definitivamente. Lasciando il Santuario, trasformato in un totem del sesso tra sconosciuti, alla sua triste giornata di primavera senza sole.
Pino Vaccaro
Bruno Melazzini

b.melazzini

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