Belgrado, 18 giu. (Apcom-Nuova Europa) – Un vero e proprio diluvio universale ha rovinato la festa di Belgrado per l’incredibile vittoria della Serbia sulla Germania, nella seconda giornata del gruppo D dei mondiali di calcio Sudafrica 2010. Un boato di gioia, rumori e suoni è esploso in ogni angolo della città in coincidenza del fischio finale quando da uffici, bar, ristoranti, abitazioni la gente ha iniziato a riversarsi per le strade in festa.
Intanto, la Tv nazionale Rts -ripagata dell’ampio sforzo per trasmettere in chiaro tutti i Mondiali- aggiornava il pubblico della capitale sui festeggiamenti nel resto del paese, con collegamenti in diretta da tutti i principali centri: Novi Sad (nord), Kragujevac (centro), Novi Pazar capoluogo della zona a maggioranza musulmana. Tutte le voci della Serbia – che per la prima volta partecipa ‘da sola’ a un mondiale di calcio, dopo l’indipendenza del Montenegro nel 2006 – questo pomeriggio erano unite in un unico grande coro: “Aufwiedersen”.
Solo un potente temporale estivo, preannunciato dalla nuvola nera che ha letteralmente oscurato il cielo di Belgrado qualche secondo dopo il fischio finale, ha impedito che la festa esplodesse davvero. Tutta la città si era letteralmente fermata durante i 93 minuti necessari alle ‘Aquile rosse’ per portare a termine la loro impresa.
Interpellato appositamente dalla stampa locale,il gabinetto della Presidenza della Repubblica ha informato che il capo di stato, Boris Tadic, ha “applaudito con tutte le sue forze” questa insperata vittoria. Neanche lui poteva immaginare che oltre al gol segnato al 38′ da Milan Jovanovic, al 60′ sarebbe arrivato anche il primo rigore parato nella storia della Serbia ai mondiali: il portiere Vladimir Stojkovic è già eroe nazionale.
Così, nemmeno l’Istituto di cultura italiano a Belgrado ha potuto esimersi dal sintonizzare il maxi schermo normalmente riservato alle partite degli Azzurri, per garantire, in piena ‘par condicio’, la visione del match al personale serbo.
“Era la sfida più difficile, ora sento che possiamo arrivare lontano” condivide il suo entusiasmo con Apcom, Dusan, 18 anni. Oggi è anche l’ultimo giorno di scuola ed insieme ad un’altra ventina di temerari, ha sfidato la pioggia per sfilare a torso nudo nel centro, ormai deserto, di Belgrado. E i successi di Goran Bregovic cantati a squarciagola sono più forti dei tuoni e dei lampi che squarciano il cielo nero. C’è tutta la ‘serbitudine’ del caso in questa istantanea di una nazione dilaniata che anche nella massima vetrina calcistica può trovare un’occasione di riscatto. Njegosa, un altro ‘danzatore della pioggia’, fa cadere per sbaglio il grande tricolore blu, bianco e rosso che sta sventolando: lo raccoglie, si scusa, lo bacia.
Iso
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