Secondo lo studio, nel 77% dei comuni della Lombardia, sono presenti abitazioni costruite in aree golenali, negli alvei dei fiumi o in aree a rischio frana, mentre il 23% delle amministrazioni presenta interi quartieri in zone a rischio e il 50% ha edificato in queste aree strutture e fabbricati industriali con il rischio non solo per l’incolumità dei dipendenti ma anche per eventuali sversamenti di prodotti inquinanti nelle acque e nei terreni.
Nel 12% dei casi, viene osservato ancora dalla ricerca, sono presenti in zone esposte a pericolo anche strutture sensibili, come scuole e ospedali. Complessivamente, tra abitazioni, strutture industriali e strutture sensibili si può stimare che ogni giorno in 914 comuni lombardi ci siano oltre 300 mila persone esposte a rischio idrogeologico.
«Come emerge dai numeri del nostro dossier – commenta Francesca Ottaviani, portavoce di Operazione Fiumi – la Lombardia resta fortemente esposta al rischio idrogeologico, soprattutto a causa della pesante urbanizzazione delle aree esposte al pericolo e dei ritardi nell’attuare una corretta gestione del territorio e una seria strategia di riduzione del pericolo frane e alluvioni».
A giudizio degli estensori dello studio, segnali confortanti arrivano, invece, dalla pianificazione dell’emergenza e dall’organizzazione della protezione civile locale: l’84% dei comuni, infatti, ha predisposto un piano d’emergenza con il quale fronteggiare situazioni di crisi come frane e alluvioni.
Meno incoraggiante il dato sull’aggiornamento dei piani di emergenza: solo il 52% delle municipalità hanno aggiornato tale piano negli ultimi due anni.
Il comune lombardo più meritorio è Palazzolo sull’Oglio, in provincia di Brescia, mentre la maglia nera per le cattive politiche di mitigazione del dissesto idrogeologico, tocca, invece, ai comuni di Isola Dovarese, nel Cremonese e Sesto Calende, in provincia di Varese.
e.marletta
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