Haifa, 3 dic. (Apcom) – Insieme alle fiamme sul Monte Carmelo, costato la vita ad almeno 41 persone, in Israele divampano anche le polemiche per le evidenti carenze dei servizi anti-incendio. Stamattina sono entrati in azione i bombardieri ad acqua inviati da paesi vicini per combattere contro le fiamme che hanno distrutto in 24 ore circa 2.000 ettari del parco nazionale nei pressi di Haifa, nel nord di Israele: adesso quattro Canadair, due elicotteri e tre piccoli velivoli continuano ad alternarsi sopra il massiccio boscoso.
L’incendio, il cui focolaio è stato individuato in una discarica, non è ancora stato domato anche a causa dei forti venti che continuano ad alimentare le fiamme su un terreno particolarmente secco. In totale, sui luoghi del disastro sono stati inviati 370 pompieri, ma la carenza di effettivi e di strumenti ha convinto il premier Benjamin Netanyahu a chiedere aiuto all’estero. Israele conta in totale 1.500 pompieri e non dispone di alcun mezzo aereo per la lotta agli incendi. Quanto basta per scatenare la stampa che oggi ha definito la situazione “degna del Terzo Mondo”, in un Paese che vanta sistemi ultratecnologici di satelliti e capacità militari invidiate in tutto il mondo.
Il bilancio delle vittime è fermo al momento a 41, di cui 36 agenti penitenziari, ma diverse persone risultano ancora disperse. Circa 15.000 abitanti, fino alla periferia di Haifa, terza città di Israele, sono stati evacuti, secondo la polizia. Il ministro per la Sicurezza interna, Yitzhak Aharonovitch, ha assicurato che “nessuno è più in pericolo”. 17 persone sono state ricoverate in ospedale, due in gravi condizioni. Solo 11 i cadaveri finora identivicati.
Tutto il Medio Oriente conosce in questo periodo una fase eccezionalmente secca: nella regione di Haifa le temperature toccano i 31 gradi, con venti fino a 30 km/orari.
Fcs
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