Bruxelles, 28 giu. (Apcom) – Il ministro della Giustizia belga, Stefaan De Clerck, ha giudicato oggi “una brutta notizia per tutte le parti interessate” le dimissioni della commissione Adrianssens, l’organismo creato dall’episcopato per trattare le vicende di abusi sessuali nella Chiesa cattolica. La decisione della commissione Adrianssens è stata decisa stamattina a seguito delle perquisizioni della polizia di giovedì scorso, che hanno portato al sequestro di oltre 450 dossier contenenti le denunce confidenziali delle vittime di abusi o atti di pedofilia.
“Sono convinto che la Giustizia e la commissione avrebbero potuto essere complementari”, ha detto De Clerck, un cristiano democratico fiammingo. E ha aggiunto: “La Giustizia non deve sostituirsi alla commissione (Adrianssens, ndr), ma considerare il suo lavoro in un contesto più ampio”. Il ministro ha indicato anche di voler “ridurre per quanto possibile le conseguenze negative delle dimissioni della commissione”.
In questo senso, De Clerck ha annunciato che creerà un gruppo di lavoro composto dai procuratori generali, per riflettere sulle questioni della confidenzialità e del modo di trattare le le vittime.
Intanto, il presidente della commissione dimissionaria, il neuropsichiatra Peter Adrianssens, è stato convocato e ascoltato oggi dagli inquirenti della polizia federale di Bruxelles, presumibilmente come testimone, in considerazione del ruolo importante svolto alla direzione dell’organismo che raccoglieva le denunce delle vittime.
Secondo una delle interpretazioni che circolano sulla stampa belga, l’operazione senza riguardi che la polizia ha effettuato giovedì scorso nei confronti della Conferenza episcopale belga, con le sue perquisizioni e i suoi sequestri di documenti, sarebbe una reazione della magistratura indipendente proprio all’atteggiamento troppo ‘accomodante’ di De Clerck verso
la commissione Adrianssens. Propugnando un accordo di collaborazione fra i procuratori e la commissione, il ministro le avrebbe attribuito un ruolo paragiudiziario, tollerandola come istanza parallea per la denuncia di reati che poi poteva, a sua discrezione, decidere se portare a conoscenza dei giudici o no.
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