Bergamo, 11 mar. (TMNews) – “Non smentisco l’esistenza di tracce di Dna, ma non è detto che siano per forza decisive”: a parlare è il sostituto procuratore di Bergamo Letizia Ruggeri, che indaga sull’omicidio di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate di Sopra. Le parole del pm suonano come una doccia fredda sul clamore suscitato dal ritrovamento delle due tracce, una maschile e l’altra femminile, isolate dai guanti ritrovati nel giubbotto della giovanissima ginnasta uccisa.
Le due tracce biologiche, dalle quali la polizia Scientifica ha isolato i codici genetici, ci sono. Ma si trovavano sui guanti, che negli ultimi giorni di vita di Yara potrebbero aver avuto un contatto con tante persone. Ecco perchè il pm sottolinea che il “Dna non è per forza una svolta del caso”. Ancora oggi non è stato possibile sapere quale è l’esatta causa della morte di Yara. “Non c’è stata una vera e propria relazione preliminare da parte della dottoressa Cristina Cattaneo – spiega Ruggeri -. Ci sono continui aggiornamenti, dai quali per ora non è stato possibile comprendere la vera causa del decesso”.
L’unica vera novità emersa nelle ultime ore è l’esistenza, più che confermata, di una evidente contusione sul capo della ragazzina, forse colpita con una pietra, un martello o il calcio di una pistola. Un oggetto contundente, affiancato forse da un punteruolo che ha ferito Yara più volte. E il pm conclude: “Non possiamo escludere nulla, nemmeno la pista di un rito. La vicenda è inquietante”. Parole che hanno chiuso una giornata concitata, con un cambio di rotta abbastanza evidente da parte della Procura: nei primi tre mesi una netta chiusura nei confronti della stampa. Da due giorni qualcosa è cambiato.
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