Damasco, 23 apr. (TMNews) – “Non terrorismo, vogliamo libertà”: lo slogan in inglese ripreso nella foto rubata da un telefonino ieri a Banias dice tutto sulla rivolta siriana che ha visto insieme cristiani (per il Venerdì santo) e musulmani (per il venerdì di preghiera) in piazza a chiedere maggiore democrazia. E ha negare le accuse del regime di Bashir Assad secondo cui in strada ci sono pericolosi estremisti. Proteste represse nel sangue con oltre 70 morti perchè le forze di sicurezza hanno sparato sulla folla. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha condannato il “ricorso rivoltante alla violenza” del regime.
Centinaia anche i feriti nel corso di queste proteste che hanno richiamato decine di migliaia di manifestanti in tutta la Siria, dopo l’appello degli esponenti dell’opposizione tramite Facebook. Un appello che la revoca dello stato d’emergenza in vigore da quasi cinquant’anni, avvenuta giovedì, non ha arginato. Si tratta di una delle più imponenti mobilitazioni dall’inizio – il 15 marzo – dell’ondata di contestazioni contro il regime del presidente Bashar al Assad, arrivato al potere nel 2000 dopo la morte di suo padre Hafez al Assad.
“Invece di ascoltare il suo popolo, il presidente Assad accusa gli stranieri pur cercando di ottenere l’aiuto iraniano per reprimere siriani con le stesse tattiche brutali di quelle che sono utilizzate dai suoi alleati iraniani”, ha affermato Obama.
Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha da parte sua condannato “la violenza ricorrente” del governo siriano “contro i dimostranti pacifici in Siria” e ha lanciato un appello perché questa violenza cessi immediatamente.
Giovedì, oltre alla revoca dello stato d’emergenza che proibiva le manifestazioni, Assad ha approvato l’abolizione dei tribunali eccezionali. Ma per l’opposizione siriana, queste misure sono insufficienti.
E nonostante la revoca dello stato d’emergenza, la polizia ha aperto il fuoco sulla folla in molte città del Paese.
“Le forze di sicurezza siriane hanno commesso massacri in molte città e regioni facendo finora 72 morti e centinaia di feriti”, ha annunciato il Comitato siriano di difesa dei diritti umani, con sede a Londra, in un comunicato. Molti militanti dei diritti umani hanno pubblicato elenchi personali che registrano più di 70 morti, mentre Amnesty international, che cita militanti locali, ha riferito di almeno 75 morti colpiti dalle forze di sicurezza nella provincia di Daraa (a sud di Damasco), a Homs (centro), a Damasco, dove solo duecento persone hanno manifestato prima di essere disperse, a Duma, 15 chilometri a nord di Damasco, a Hama e a Lattachia.
Secondo la versione ufficiale, le forze dell’ordine sono intervenute con gas lacrimogeni e idranti soltanto per impedire disaccordi ” tra alcuni dimostranti e i cittadini”.
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