LAVENA PONTE TRESA C’era uno striscione appeso sulla balconata della chiesa parrocchiale di Ponte Tresa. «Semplicemente grazie. I tuoi giovani». Così c’era scritto. È uno dei tanti messaggi d’affetto che hanno accompagnato, ieri, i funerali di don Giorgio Quaglia, scomparso nella notte tra lunedì e martedì nel suo letto della casa parrocchiale. Aveva 67 anni. Ci sono stati e ci saranno i pensieri delle centinaia di parrocchiani che hanno gremito all’inverosimile la chiesa, che lo stesso don Giorgio,
aveva contribuito a completare. Tra loro le autorità locali, i sacerdoti del territorio e i rappresentanti delle forze dell’ordine. Ce n’erano altrettante, di persone, sul sagrato. In piazza san Giorgio. Ci sono stati i ricordi. Di chi lo ha accolto dieci anni fa «e ora è costretto a darti l’ultimo saluto». «Per te che ci hai lasciati in punta di piedi. Siamo qui insieme a tutta la comunità per salutarti. Tutti. Praticanti, credenti e non». Ci sono state le lacrime e i sorrisi ricordando i dieci anni trascorsi insieme. E un carattere «schietto e amichevole» come lo ha definito il vescovo di Como monsignor Diego Coletti, nel corso dell’omelia. «Perché se lui fosse qui o meglio, visto che lui è qui, – ha sottolineato il vescovo – se potessimo vederlo e ascoltare la sua voce, sono certo che si rivolgerebbe a me e mi direbbe di non farla troppo lunga. Perché lui era così. Consapevole come noi siamo di Gesù e siamo degli altri. Di chiunque abbia bisogno di noi. Gesti che potrebbero sembrare semplici ma che invece necessitano di un lungo allenamento e altrettanta vigilanza nei confronti della bestia dell’egoismo che è presente in tutti noi». Allenamento che don Giorgio aveva fatto proprio. «Impegnandosi per la fede e le strutture di fede – ha sottolineato monsignor Coletti -. Per questo proprio recentemente mi aveva parlato dell’organo. Del suo ultimo sogno e insieme grande segnale della sua attenzione alla bellezza della preghiera. In un vita che è stata continua ricerca della relazione con Gesù». Così le prime note dell’organo che ora si riuscirà a portare a Ponte Tresa grazie alle offerte raccolte dai parrocchiani saranno proprio per lui. «Che le ascolterà da lassù». Come per lui saranno i contributi raccolti per la Caritas e le missioni diocesane. E al termine della funzione è stato lo stesso don Giorgio a raccontarsi. Con un articolo pensato poco prima di morire e dedicato al periodico delle missioni diocesane che per vent’anni lo avevano visto protagonista in Argentina, nella regione di Santiago del Estero che ora piange insieme a Ponte Tresa il suo parroco. «Ho sempre voluto scrivere una biografia – aveva scritto l’indimenticato parroco – e mi sarebbe piaciuto intitolarla “Confesso che ho vissuto, gracias a Dios”. Per raccontare come ho avuto tanto da Dio, dai poveri e da tanta belle gente».
b.melazzini
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