Federalismo fermo al palo Delusi i leghisti varesini

VARESE Un passo in avanti. E subito si torna indietro. L’odissea del federalismo, che la Lega persegue da vent’anni, continua a dare delusioni alla base lumbard. Non fa eccezione quella della città giardino, la culla del movimento, dove gli storici militanti sono ancora quelli che videro i primi consiglieri entrare in Comune e che andavano a fare volantinaggio con Bossi. Nessuno perde fiducia nel Senatùr, ma questo ennesimo stop dalla commissione, e poi il nuovo stop da parte del Presidente della Repubblica sembra una presa in giro difficile da accettare.


«Siamo nel guado, dobbiamo uscirne – dice Alberto Aimetti, uno dei primi consiglieri a entrare a Palazzo Estense, nel ’90, lo stesso giro nel quale entrò anche Roberto Maroni – la Lega ha impostato tutta la sua vita sul federalismo. È una “conditio sine qua non” per andare avanti. Dobbiamo resistere e cercare altre vie».
Chi la spina al Governo la staccherebbe subito, perché ormai nell’alleanza con Berlusconi non ci crede più, è Marco Bordonaro, storica figura dei giovani della Lega: «Il Paese continua a rispondere male, se si va avanti così l’unica strada sono le barricate. È il momento di una seconda rivoluzione, come quella di Mani Pulite, ma più efficace. Bisogna staccare la spina a tutto. Restando così si va a fondo, è meglio ricominciare da capo. Il concetto del federalismo è ormai passato, ma non lo si vuole applicare. È chiaro che la parte malata del Paese ha più voti in Parlamento degli altri. Anzi, è il primo partito del Parlamento».
«Temo che gli italiani non siano ancora maturi per cambiare – commenta Massimo Realini – C’è troppa gente che campa di parassitismo. E anche al Nord c’è chi fa molta resistenza. Sono molto deluso. Ma bisogna andare avanti».
Più cauti gli altri lumbard, anche se lo scontento si respira. «Non ci siamo ancora riuniti a discuterne – dice Antonio Croci, che risponde al telefono della sezione di Varese, dove chiediamo cosa ne pensino i lumbard varesini della situazione – lo faremo giovedì sera. Una situazione non bella, ma non ci spaventiamo per così poco. Bossi, come sempre, saprà trovare una soluzione».
«Siamo di fronte all’ennesima imboscata – dichiara Roberto Sasso, uno dei primi leader dei Giovani Padani – Hanno giocato sporco. Adesso siamo al punto di rottura: o la riforma passa, e inizia un nuovo percorso, o finisce tutto». Se c’è chi è cauto, molti della vecchia guardia vedono nelle urne l’unica soluzione. «Andremo ad elezioni – taglia corto Gianluigi Lazzarini, uno degli organizzatori e militanti più attivi nella sezione – il nostro scopo è il federalismo e dobbiamo rompere il ghiaccio. Per farlo, occorre un passo in avanti. Se questo, come sembra, non arriva, è meglio andare al voto». La voce più ottimista è quella di Angelo Malnati: «Non è ancora tutto perduto e penso che alla lunga la nostra posizione in Parlamento potrà dare i suoi frutti. Anche perché dietro a noi non c’è niente. Finché tiene l’asse tra Bossi e Berlusconi la situazione non è perduta».
Marco Tavazzi

e.romano

© riproduzione riservata