Bruxelles, 19 mag. (TMNews) – L’Ue e i suoi Stati membri hanno già cominciato il ‘pressing’, finora ancora dietro le quinte, per assicurarsi che sia un europeo, ancora una volta, il successore di Dominique Strauss-Kahn alla guida del Fondo monetario internazionale. Gli europei sanno che possono contare sul sostegno americano, ma sanno anche che il tempo gioca contro di loro (la finestra di opportunità da non perdere è il vertice del G8 di Dauville, il 26 e 27 maggio) e che ci sono due errori da non fare: presentarsi divisi all’appuntamento con il negoziato internazionale, e sostenere un candidato non abbastanza forte.
A Bruxelles, il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, ha cercato oggi di chiudere subito il margine che sembrava stesse aprendosi per allargare alle economie emergenti il club ristretto dei vertici delle istituzioni di Bretton-Woods, ultimo baluardo rimasto in piedi del mondo uscito dalla seconda guerra mondiale, della geopolitica bipolare e del periodo in cui i paesi che oggi stanno trainando la crescita mondiale venivano chiamati “Terzo Mondo” e tenuti a debita distanza dai Grandi. E’ chiaro che lo strapotere euroamericano negli organismi finanziari internazionali, già rimesso in discussione con il nuovo protagonismo del G20, non potrà durare. Non sta scolpito nella pietra, e neanche scritto in uno straccio di testo giuridico, che la Banca Mondiale debba continare in eterno a essere guidata da un americano, e l’Fmi da un europeo, meglio se francese.
Ma per ora, nonostante lo scandalo Strauss-Kahn abbia indebolito gli europei, le regole di voto dell’Fmi sono ancora tali da garantire che Ue e Usa, insieme, non possono essere messi in minoranza. E Washington sa che, se non appoggiasse il candidato europeo, al prossimo giro, nel 2012, rischierebbe di perdere la presidenza della World Bank. Barroso, dunque, ha lanciato oggi il suo messaggio chiarissimo: “E’ semplicemente naturale che il posto spetti a un europeo”, ha fatto dire alla sua portavoce, ricordando che l’Ue è il contributore più importante del Fondo, e sottolineando che sarà sicuramente in grado di esprimere un “candidato forte”, capace di zittire chi protesta che la scelta debba essere fatta in base alla competenza, e non alla nazionalità (di un paese europeo).
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