Damasco, 27 apr. (TMNews) – Si accentua la pressione internazionale e interna sul regime del presidente Bashar al Assad, in Siria. Ma se le condanne dall’estero non sono certamente una novità, lo sono invece le dimissioni presentate da una trentina di membri del Baath, il partito al potere, che mostrano le prime crepe di un regime finora apparso granitico.
Sul fronte interno, infatti, è arrivata una prima voce di dissenso nel partito al potere per la violenta repressione perpetrata sui manifestanti, che da settimane chiedono riforme in senso democratico. “I servizi di sicurezza hanno demolito i valori con i quali siamo cresciuti. Denunciamo e condanniamo tutto quello che è successo – si legge sul comunicato diffuso e firmato da membri del partito Baath originari della regione di Baniyas, dove maggiore è stata la repressione – e annunciamo senza dispiacere le nostre dimissioni dal partito”.
Tra gli oppositori, intanto, cresce la voglia di riforme: in 150 hanno firmato un comunicato in cui si chiede al regime di avviare le riforme necessarie, o sarà rovesciato attraverso una “rivoluzione”.
Sul fronte internazionale, Roma, Parigi, Londra, Berlino e Madrid hanno deciso di convocare gli ambasciatori siriani per condannare “l’escalation della repressione” e chiedere di “porre
fine senza indugi all’uso della forza”. Intanto, l’Unione europea ha annunciato per venerdì prossimo un vertice per discutere di eventuali sanzioni contro il regime di Damasco.
Gli Stati Uniti hanno già annunciato nei giorni scorsi sanzioni “mirate” contro i principali dirigenti siriani. Sempre Washington ha chiesto e ottenuto di tenere una sessione speciale del Consiglio dei diritti umani dell’Onu, venerdì prossimo, per discutere della situazione nel Paese. Secondo un’organizzazione dei diritti umani siriana, sono almeno 400 le persone che hanno perso la vita dall’inizio della rivolta, a metà marzo.
(con fonte Afp)
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