La Francia riduce del 20% la presenza militare all’estero


Parigi, 29 gen. (Apcom)
– I tempi sono difficili, la crisi
economica cambia le priorità del bilancio dello Stato e di
conseguenza la Francia riduce la sua presenza militare
all’estero. Ma con “selettività”. Il premier Francois Fillon ha
annunciato ai deputati il ritiro di 2.100 dei 13.000 soldati
francesi impegnati in diverse missioni all’estero giudicate non
più essenziali.

La decisione risponde a un imperativo economico che si somma
alle esigenze strategiche e diplomatiche verso gli alleati, in
primis gli Stati Uniti. Ovvero, si deve spendere meno ma non si
può tagliare in alcune zone critiche. La Francia possiede il
secondo esercito per taglia d’Europa; ed è il secondo paese
europeo più impegnato all’estero dopo la Gran Bretagna (15mila
soldati) e prima dell’Italia (8.100) e della Germania (6.500).

Davanti ai deputati, il cui via libera è necessario per
prorogare le missioni all’estero, Fillon ha annunciato il ritiro
sin da quest’anno di 1.100 dei 2.000 soldati presenti in Costa
d’Avorio (900 dei 1.800 uomini della missione di pace Licorne e i
200 soldati che partecipano alla missione ONU in Costa d’Avorio),
e il ritiro di 1.000 dei 1.650 soldati della Forza dell’Unione
europea incaricati di proteggere i rifugiati del Darfur in Ciad e
nella Repubblica centrafricana (Eufor). I soldati francesi
rimanenti nell’Eufor verranno impiegati dalla forza Onu che deve
subentrare il 15 marzo.

La Francia manterrà inoltre il suo contingente (1.850 soldati)
nella forza di pace in Libano (Unfil), ma richiamerà a Tolone le
due navi che pattugliano attualmente le coste libanesi. Non
cambierà il numero dei soldati (2.800) che partecipano alla
missione Nato in Afghanistan (Isaf), che era stata rafforzata con
700 unità nel settembre scorso; e non stupisce date le insistenze
dell’amministrazione americana affinché gli alleati aumentino la
presenza nel paese. Il governo del presidente Sarkozy del resto
era stato fra gli europei l’unico a rispondere all’appello.

Ieri mattina il ministro della Difesa Herve’ Morin aveva
annunciato che il numero dei soldati impiegati nelle missioni
all’estero sarebbe passato “da 13.000 a 10-11.000” nel 2009, una
misura che consentirà, ha detto, “un risparmio di 100-150 milioni
di euro”, su un costo totale di circa 860 milioni di euro. Morin
aveva evocato, oltre alle missioni in Ciad, Repubblica
Centrafricana, Costa d’Avorio e Libano, anche la missione in
Bosnia (un centinaio di soldati), definita “ormai senza senso”, e
quella in Kosovo (1.800 soldati nella Kfor e 150 in Eulex, la
missione della UE).

Di fatto, il grosso dei soldati ritirati va a impattare sulle
missioni che la Francia ha in Africa. Nei cinque paesi Ciad,
Repubblica centrafricana, Costa d’Avorio, oltre a Libano e
Kosovo, è impegnato oggi il 68% degli oltre tredicimila soldati
francesi all’estero (le missioni in totale sono ben 33).

La Francia di Sarkozy prevede il rientro nelle strutture
militari della Nato; proprio a questo scopo, il Libro bianco
della Difesa pubblicato nel giugno del 2008 chiamava alla
“selettività” negli impegni all’estero con una “valutazione
precisa dei costi”. Ed è proprio il maggior impegno in
Afghanistan – quella missione costa da sola 300 milioni l’anno –
a spingere alla selezione.

La maggioranza di destra ha approvato la proroga delle cinque
missioni all’estero (Costa d’Avorio, Ciad, Centrafrica, Kosovo e
Libano), mentre il Partito comunista ha votato contro e il
Partito socialista ha boicottato il voto. Il motivo è esplicito:
la protesta contro la carenza di informazioni preliminare al
dibattito, e soprattutto contro un prevedibile futuro aumento
ulteriore delle truppe in Afghanistan, alla richiesta di Barack
Obama.

Cep

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