Varese, sfrattare l’abete di piazza Monte Grappa?

VARESE «Illuminiamo il Piantone perché è uno dei più importanti monumenti della città». La proposta è stata illustrata da Daniele Zanzi, agronomo e presidente della commissione per il paesaggio del comune, durante il convegno “Ricchezza ambientali e storiche di Varese da scoprire e valorizzare” che si è svolto ieri mattina a Palazzo Estense. «Ho già presentato in comune un progetto che prevede di installare dei faretti a luce fredda in grado di sottolineare l’architettura dei rami – dice Zanzi – Non si tratterebbe di una illuminazione Hollywoodiana, ma di un intervento discreto e per nulla invasivo. Le spese le sosterrei io stesso».

L’idea di illuminare il Piantone durante la notte deriva da una constatazione: «Quell’albero (che è un cedrus libani subspecie atlantica) è presente nell’immaginario collettivo dei varesini e ha la stessa dignità del campanile del Bernascone. Da anni le persone si danno appuntamento dicendo: “ci vediamo al Piantone”. Tutte le volte che sento questa frase mi si apre il cuore».

Il Piantone, prima della costruzione di via Veratti, faceva parte del giardino della famiglia Adamoli, storici borghesi varesini. Giulio Adamoli era un garibaldino ed è probabile che si sia fatto spedire il cedrus dopo uno dei suoi viaggi per l’Europa. Il Piantone fu messo a dimora circa nel 1870 e ancora oggi gode di ottima salute per l’umidità del terreno sotto cui scorre il Vellone.

L’albero più anziano di Varese è il Quercus Cerri di villa Panza che risale alla fine del 1700. Un altro luogo simbolo per i varesini è la magnolia di villa Bellotti-Baroggi piantata presumibilmente alla fine del 1800: gli studenti quando lo vedono in fiore percepiscono l’arrivo delle vacanze estive.

Diverso, invece, il caso dell’Abete del Caucaso in piazza Monte Grappa. «Io propongo di spostarlo dal momento che non fa parte della nostra storia e rompe la profondità della piazza – dice Zanzi – È stato messo dall’assessore Airoldi nel 1990 circa. Serve solo per fare l’albero di Natale e non gode di ottima salute: è sempre pieno di parassiti e sta andando incontro ad un lento declino».

Se l’abete è “stonato” in piazza Motta c’è un vero e proprio “fritto misto”: «vi si trovano fioriere, bidoni dell’immondizia e panchine in stili tutti diversi – continua l’agronomo – Ma il danno più grosso fatto a Varese deriva da edifici non compatibili con il paesaggio. Due esempi sono colle Campigli e la collina del Montello. La costruzione del parcheggio di villa Augusta e dell’albergo di Biumo dovrebbero essere ostacolate da ogni persona di buon senso».

Durante il convegno, l’architetto Giorgio Ulderico Marchi ha illustrato ben 30 siti della città che versano in condizioni critiche. Tra questi vi è il tempietto in stile greco classico nel parco di Villa Augusta, l’antico forno a calce della valle del Vellone, i 200 pilastri in pietra di corso Matteotti e il lavatoio di Bobbiate. Per alcuni di questi 30 siti sono stati chiesti finanziamenti; altri potrebbero essere ristrutturati solo con il contributo di privati, così come è stato fatto per il cippo votivo di via del Molino. «Nel mese di marzo – annuncia Luigi Federiconi, assessore alla tutela ambientale – ci sarà “Varese in Fiore”, un evento che coinvolgerà florovivaisti di importanza europea che daranno sfogo alla loro creatività sulle aiole della nostra città».
Adriana Morlacchi

e.marletta

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