BUSTO ARSIZIO L’American Dream incarnato dall’afro americano Barack Obama si è infranto con la vittoria alla Camera della destra repubblicana alle elezioni di medio termine. Che ne pensano i cittadini di Busto e Castellanza che avevano visto in lui il cambiamento per un mondo migliore? Venerdì Marco Respinti, giornalista e scrittore milanese, ha analizzato le ragioni della sconfitta alla galleria Boragno, dove ha presentato «L’ora del Tea Party».
Respinti, appena tornato dagli Usa, osservava: se da una parte i democratici sono rimasti delusi per l’immobilismo
di Obama, quella parte della società più conservatrice è tornata all’attacco a fare politica, parlando alla «pancia dell’America», dove, «lo stato quasi non esiste e dove l’uomo “si fa da solo”». «I Repubblicani – ha detto il giornalista – hanno portato a casa una vittoria piena, rotonda. Il movimento dei Tea party è stato fondamentale e dobbiamo aggiungere un forte aumento della disoccupazione». Il giornalista e critico d’arte Matteo Tosi ha commentato: «Il sogno incarnato da Obama è risultato essere inconsistente – ha detto – l’America, Paese con una forte Cultura Identitaria, ha bisogno d’altro». In sala, il pubblico era attento e partecipe. Un uomo sulla 50ina ha domandato come potrebbe nascere un Tea Party in Italia: «Prima bisogna ricostruire la cultura identitaria del Paese», ha risposto Respinti.
«Noi cittadini in Italia siamo servi – ha aggiunto un libero professionista, scontento del sistema fiscale italiano – i nostri politici devono capire che i soldi delle tasse si devono spendere per noi». Qualcuno ha parlato di sanità pubblica, difendendo la battaglia di Obama rimasta, però, a metà. Per molti bustesi il Sogno americano del primo presidente nero si è dimostrato «un’utopia», «un sogno irrealizzabile». «Io ci credevo – ha detto una donna – Obama rappresenta il cambiamento, ma forse gli americani non sono pronti e lui è dovuto scendere a troppi compromessi». E i giovani? Carolina Verde, studentessa della Liuc di Castellanza al quarto anno di economia ha frequentato la Summer School in Arizona: «La crisi in America si sente più che in Italia. La gente è delusa da Obama, il nostro professore di economia non criticava il suo modo di governare, ma la sua giovane età e l’inesperienza. l’America sembra avere bisogno d’altro, è il paese delle contraddizioni».
Giriamo l’interrogativo a un imprenditore. E’ un fan di Obama, Francesco Pinto, ad di Inticom: «Il sogno americano da lui incarnato non è affatto tramontato. Obama è un leader moderno, può ancora farcela. Quello americano è un sistema elettorale capace di esprimere alternanza, quello italiano è ingessato e andrebbe cambiato. Da imprenditore credo che la battaglia contro le tasse impugnata dal movimento dei Tea Party sia un po’ propagandistica, uno slogan. Il problema non sono le tasse, che vanno pagate, ma come vengono spese: dovrebbero esserlo in modo efficace ed equo».
E i politici? Per Erica D’Adda, segretaria cittadina del Partito Democratico, il mito dell’America non è tramontato: «Ce l’abbiamo nel sangue. Non ho l’”obamite”, ma sto con Obama. Credo che abbia puntato troppo sull’immagine, adesso deve voltare pagina e puntare sulla sostanza prendendo atto di questa sconfitta. Se ciò avverrà, e credo che ce la farà, avrà effetti positivi anche su di noi».
Valeria Arini
m.lualdi
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