Belgrado, 23 gen. (TMNews) – Sarà la piazza a decidere se l’Albania è davvero destinata a trasformarsi nella ‘Tunisia d’Europa’. O se gli scontri violenti tra polizia e manifestanti anti-governativi di venerdì scorso a Tirana – tre i morti, oltre 50 i feriti- hanno rappresentato un episodio isolato di una logorante crisi politica capace, invece, di rientrare nei ranghi “delle istituzioni democratiche”, come auspicato dalla Comunità internazionale. Tutto dipenderà dall’esito delle ben due manifestazioni che la capitale albanese ospiterà nella settimana entrante: mercoledì 24 gennaio sfilerà il corteo “contro ogni violenza” invocato dal contestatissimo premier di centro destra, Sali Berisha; venerdì 26, invece, toccherà all’opposizione rispondere all’invito del leader socialista e sindaco di Tirana, Edi Rama, a manifestare “per rendere omaggio alle vittime. (…) Per condannnare la violenza e il crimine che ha strappato la vita a tre uomini innocenti”.
Due messaggi che rivelano come tanto Berisha, quanto Rama, si siano sottratti definitivamente al confronto parlamentare, preferendogli quello delle folle: è la resa dei conti di un braccio di ferro politico che si protrae da 17 mesi e gli albanesi sono chiamati a decidere da che parte che stare. Anche la posta in gioco si è alzata: da venerdì scorso agli argomenti ‘classici’ della contesa – le accuse al governo di corruzione e brogli e la richiesta dell’opposizione di urgenti elezioni anticipate- si è aggiunto quello ‘incandescente’ della responsabilità della tragedia. La polizia, con il placet del governo, ha sparato sulla folla inerme, come sotiene Rama? Oppure, le forze dell’ordine “hanno fatto solo il loro dovere” e non hanno nulla a che fare con le vittime, come afferma Berisha? Seppelliti i morti, il clima di relativa calma che si registrava a Tirana sembra tornato quanto mai fragile.
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Iso
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