Delitto di Carla Molinari In aula il film dell’orrore

COCQUIO TREVISAGO Tredici lunghi minuti, quasi un unico piano sequenza, una sola lunghissima scena di morte all’interno della villetta di via Dante 23 a Cocquio, nella casa ad un piano di Carla Molinari, il cui cadavere orribilmente seviziato e mutilato giaceva nella camera in fondo a sinistra del corridoio: il filmato girato la notte tra il 5 e il 6 novembre 2009 dalla Squadra mobile di Varese dà conto dell’orrore di fronte al quale si trovarono gli investigatori,

ed è uno degli elementi probanti nel processo per il quale Giuseppe Piccolomo deve rispondere appunto di omicidio premeditato aggravato dalla crudeltà e di vilipendio di cadavere. È stato proiettato ieri pomeriggio in Corte d’assise, nell’aula bunker del tribunale di Varese.
Ripresosi dallo sfogo della prima udienza, quando il presidente Ottavio D’Agostino fu costretto ad espellerlo, ieri l’ex ristoratore si è scusato con la Corte, ed ha assistito in silenzio, accanto al suo legale, l’avvocato Simona Bettiati, allo svolgimento del dibattimento per tutte le nove ore della durata dell’udienza. Impassibile, anche quando è stato proiettato il filmato commentato dal capo della Squadra mobile, Sebastiano Bartolotta (nella foto tonda), il teste più importante, chiamato a deporre dal pm Luca Petrucci (in udienza anche il procuratore Maurizio Grigo).
Le telecamera ha scandagliato una ad una le stanze della villetta: una casa modesta ad un piano, eppure dignitosa, un piccolo mondo antico con i mobili di una vita intera di una persona di una certa età, tenuta perfettamente in ordine e pulita dalla padrona di casa, a dispetto dell’età avanzata (aveva 82 anni). E poi, nella stanza in fondo a sinistra, il suo corpo disteso in posizione supina, le braccia semiaperte dalle quali l’assassino ha staccato le mani. Proprio così: «Non le ha tagliate, gliele ha disarticolate, come si potrebbe fare con la coscia di un pollo» ha spiegato il capo della Mobile.
Impressionanti davvero i fermi immagine, le foto che indugiavano sui particolari delle 23 pugnalate all’addome, stilettate poco profonde, ad eccezione di una, e lo squarcio alla gola che quasi le ha staccato la testa. Bartolotta ha ricostruito tutti i passaggi dell’inchiesta, partendo dai 4 mozziconi che è apparso subito chiaro non fossero stati fumati in loco. «Un assassino che si stava prendendo gioco di noi – ha aggiunto Bartolotta – che ha disseminato di false piste la casa, come le impronte di scarpe come se fossero prive di peso». Un’inchiesta difficile, che ha svoltato quando una donna, dopo aver letto sui giornali del particolare dei mozziconi ha riferito di aver visto un uomo che li raccoglieva proprio il giorno del delitto la centro commerciale di Cocquio, versando il contenuto del posacenere del bar Bistrot in un barattolo di vetro. Quell’uomo, lo ha poi riconosciuto era Giuseppe Piccolomo. E poi il sequestro del coltello tipo Rambo a casa dell’ex ristoratore a Ispra, sul quale sono state trovate tracce di sangue di Carla Molinari, prova confermata dall’esame del dna.

b.melazzini

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