Napoli, 3 set. (TMNews) – Dura da oltre tre ore il faccia a faccia con i magistrati napoletani di Giampaolo Tarantini, l’imprenditore barese in carcere da giovedì scorso, accusato di estorsione ai danni del presidente del consiglio Silvio Berlusconi, in concorso con la moglie Angela Devenuto (anche lei in cella da tre giorni) e con l’editore Valter Lavitola (destinatario di un provvedimento non ancora eseguito perché l’indagato si troverebbe all’estero). L’interrogatorio di garanzia si svolge nel carcere di Poggioreale, davanti al gip Amelia Primavera.
Stando a quanto si è appreso, Tarantini, assistito dall’avvocato Alessandro Diddi, starebbe rispondendo alle domande dei magistrati. Del resto, il 31 agosto scorso – il giorno prima dell’arresto – aveva redatto un memoriale inviato alla Procura di Napoli con la sua versione dei fatti, dopo le anticipazioni sull’inchiesta contenute in un articolo del settimanale Panorama. Nel memoriale Tarantini ricostruisce la sua storia giudiziaria e sottolinea: “Mi sono affidato all’eventuale generosità del presidente Berlusconi e al comune senso di amicizia che ritenevo e ritengo ci potesse legare”.
Racconta di aver fatto sapere al premier, tramite Lavitola, di trovarsi in difficoltà economiche e di aver ricevuto “un aiuto” attraverso somme di circa 20mila euro al mese, “oltre ad altre somme per esigenze extra”. I 500mila euro, che per la Procura sarebbero stati estorti al premier dietro la minaccia di un cambiamento di strategia processuale da parte di Tarantini nella vicenda delle escort a Palazzo Grazioli, l’imprenditore racconta quindi di averli chiesti al Cavaliere a titolo di prestito per poter riavviare la sua attività imprenditoriale. Avvenne nel marzo 2011 durante un incontro ad Arcore: “Il presidente non mi fece finire di parlare e mi disse subito ‘per te non c’è problema’ e io tenni a precisare che avrei restituito la somma perché non volevo considerare questo ennesimo gesto di generosità come una donazione”.
Xjn/Cro
© riproduzione riservata