Usa/ Debito, l’accordo c’è. Ora il voto del Congresso

New York, 1 ago. (TMNews) – Le lancette si sono fermate alle 20.40 di ieri, 27 ore e 20 minuti prima del termine ultimo per trovare un punto d’incontro: l’accordo sul debito americano c’è. A una manciata di ore dalla scadenza per innalzare il tetto (attualmente a 14.294 miliardi di dollari) ed evitare il default del Paese, la Casa Bianca e i leader demoratici e repubblicani hanno raggiunto un compromesso. Quello che manca è il voto del Congresso, ma a questo punto, a meno di clamorosi colpi di scena, dovrebbe essere assicurato (i dubbi maggiori sono sulla Camera, dove potrebbe venire meno il sostegno dei repubblicani del Tea Party e dei democratici liberal). A dare l’annuncio il presidente americano Barack Obama: “abbiamo trovato un compromesso, entrambe le Camere sono d’accordo. Non è il piano che avrei voluto, ma allontana dalla nostra economia l’ombra dell’incertezza”.

Le rassicurazioni del presidente sono arrivate appena in tempo per calmare i mercati asiatici, nervosi in avvio di contrattazioni: bene Tokyo, sulla stessa scia le altre principali piazze, e riflettori ora puntati su Wall Street, che la settimana scorsa ha pagato lo scotto di un possibile downgrade del Paese. “Il processo che ha portato all’accordo è stato confuso e l’accordo è arrivato troppo tardi, ma il default, che avrebbe avuto conseguenze devastanti, è stato evitato”, ha detto Obama, ancora cauto in attesa del voto del Congresso: “non è ancora finita”.

L’accordo prevede un aumento del tetto del debito in tre fasi, per un totale di 2.400 miliardi di dollari (400 miliardi subito, 500 miliardi nel corso dell’anno e altri 1.500 fino alla fine del 2012; gli ultimi due voti sono soggetti a un voto di sfiducia del Congresso, che non invaliderebbe l’aumento ma imporrebbe una nuova approvazione da parte di Obama). E’ prevista una riduzione del deficit di uguale misura nel corso di dieci anni e in due fasi (900 miliardi la prima, 1.500 miliardi la seconda), con la creazione di una speciale commissione congressuale bipartisan incaricata di delineare i tagli da fare nella seconda fase. Qualora la commissione fallisse, scatterebbero tagli automatici per 1.200 miliardi, la metà dal settore difesa e la restante parte dagli altri settori, compresi Social Security e Medicaid.

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