SARONNO Le mani giunte dietro la schiena, il petto fiero sotto il maglione rosso, il mento dritto: «Viva l’anarchia», l’ultimo saluto ai compagni del centro sociale Telos di Saronno di Oscar Lorenzo Azurmendi Olosagarre, spagnolo quarantenne residente a Milano, è incorniciato dallo stipite della porticina che dalla cella detentiva dell’aula lo porta nel seminterrato dove lo aspetta la polizia penitenziaria per riportalo in carcere.
L’udienza per direttissima davanti al giudice Alessandra Simion si è chiusa con la condanna dell’anarchico: 8 mesi di carcere, come chiesto dall’accusa, per aver picchiato un poliziotto durante la manifestazione inscenata sabato scorso a Saronno. Otto mesi con rigetto della richiesta di annullamento della misura di custodia cautelare avanzato dalla difesa data la recidiva specifica a carico dell’imputato: niente sospensione della pena, quindi 8 mesi in carcere. La speranza di Olosagarre di uscire dalla cella è affidata ai suoi compagni: ieri in udienza si sono presentati una ventina circa di militanti del Telos venuti a portare solidarietà. Il giudice si è detta infatti disposta a rivedere la decisione sulla misura di custodia quando saranno consegnati al tribunale tutti i documenti relativi all’impiego lavorativo del condannato.
E il legale difensore si è voltato verso il gruppo stretto tra polizia e carabinieri chiedendo: «Chi di voi si assume la responsabilità di consegnarmi questa documentazione?». Per il resto l’udienza si è svolta tranquillamente: i giovani esponenti del centro sociale saronnese non hanno creato problemi. Subito dopo la lettura della sentenza qualcuna ha gridato: «Oscar libero», la voce incorniciata da un nugolo di pugni chiusi alzati, qualcun altro ha azzardato «Non è stato lui». E a dimostrare quel «non è stato lui», l’avvocato difensore ha messo parecchio impegno: stando alla difesa, infatti, Oscar Lorenzo non è riconoscibile in nessuna immagine fotografica o filmato che ritrae i tumulti.
Non solo: il poliziotto ha rimediato nell’aggressione «una sbucciatura al ginocchio», ha detto il difensore, «non compatibile con il colpo di un corpo contundente» (l’agente è stato colpito con l’asta di una bandiera), ma compatibile per la difesa con una caduta accidentale dovuta al parapiglia della folla che si muove sotto la carica della polizia. Fatto che però non spiega il colpo alla mano ricevuto dall’agente. L’accusa, granitica, ha indicato invece proprio nel quarantenne il responsabile del ferimento del poliziotto: per il giudice le prove portate dal pm hanno supportato la condanna.
f.tonghini
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