Fed/ Difende Operazione Twist, ma c’è chi dissente

New York, 29 set. (TMNews) – La Federal Reserve si è trovata di fronte a un’ondata di scetticismo dopo la decisione la scorsa settimana di procedere a un nuovo round di stimolo all’economia con il lancio della cosiddetta “Operazione Twist”. E così i massimi dirigenti della banca centrale americana si sono lanciati in una serie di difese pubbliche della decisione, che fanno pensare a un’inusuale manovra concertata di pubbliche relazioni.

L’operazione punta ad abbassare i tassi di lungo periodo, con la vendita di 400 miliardi di titoli del Tesoro Usa in scadenza nei prossimi tre anni per acquistare un ammontare equivalente di titoli a scadenza più lunga, da 6 a 30 anni. Il risultato sarebbe di piegare (“twist”, appunto) la curva dei rendimenti, agendo così sui tassi d’interesse per i prestiti a lungo periodo e rendendo più facile agli americani ottenere denaro, per esempio un mutuo casa. Che il tentativo sia quello di ridare fiato al mercato immobiliare lo dimostra l’altra decisione presa dalla Fed la settimana scorsa, quella di non vendere i titoli legati ai mutui che ha in portafoglio.

L’operazione Twist non ha convinto tutti gli economisti e ha oppositori nel partito repubblicano. I banchieri della Fed si sono così lanciati alla difesa, in primis Dennis Lockhart, presidente della Federal Reserve di Atlanta: “Un tentativo misurato di aggiungere sostegno alla ripresa. Non una soluzione per tutti i mali dell’economia, ma darà una mano”. A chi pensa che non funzionerà ha ribattuto Eric Rosengren della Fed di Boston, osservando che i tassi di lungo termine sono scesi davvero a ridosso dell’annuncio della Fed atteso dai mercati, e anche dopo. E Sarah Bloom Raskin, un altro governatore Fed, ha definito la decisione “del tutto appropriata” nel quadro della “vasta gamma di opzioni” che la banca centrale ha a disposizione per sostenere l’occupazione.

E’ vero però che la Fed non ha deciso all’unanimità, e che tre membri su dieci del comitato di politica monetaria hanno votato no. Tra di loro c’era Richard Fisher, il presidente della Fed di Dallas, secondo il quale non è il credito il problema dell’economia americana. E per dire che adesso la palla è nel campo del governo, non della banca centrale, si è affidato a una curiosa metafora basata sulle arti marziali: “Finché le autorità non fanno sul serio sulla politica fiscale, agire sulla leva monetaria, compreso fare jujitsu sulla curva dei rendimenti, è futile”.

Ieri ha parlato anche Ben Bernanke, ma non ha toccato il tema più caldo, sul quale una settimana fa la leadership repubblicana al Congresso gli aveva scritto una irrituale lettera per invitarlo a non fare proprio quello che poi la Fed ha fatto. Il presidente della banca centrale si è tenuto lontano dalla polemica politica, ma ha parlato lo stesso di crescita dell’economia. Intervenendo a un forum sull’innovazione a Cleveland in Ohio, Bernanke ha additato agli americani l’esempio cinese per dire che le economie avanzate “farebbero bene a ristudiare le lezioni dei mercati emergenti”, per esempio l’importanza dell’istruzione per mantenere il vantaggio tecnologico, e quindi la crescita.

A24-Riv/Coa

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