Indignati/ Usa,Occupied Wall Street Journal,organo della protesta

New York, 10 ott. (TMNews) – Un’occhiata veloce potrebbe facilmente trarre in inganno: le parole “Wall Street Journal” campeggiano sulla testata con lo stesso carattere tipografico, l’impaginazione è simile, la carta e la qualità della stampa sono di alto livello. Ma per capire cos’è davvero basta vedere la parola che campeggia in rosso in cima alla pagina, un vistoso “Occupied” tra due megafoni. Si tratta appunto dell’Occupied Wall Street Journal, l’organo degli indignados che occupano da quasi un mese Zuccotti Park, una piazza alberata vicina proprio al centro della finanza a Manhattan.

Più che riflettere le diverse anime del movimento di Occupy Wall Street, dal pacifismo alla lotta alla disoccupazione fino alla protesta contro le disparità di reddito, l’Occupied WSJ è una dichiarazione d’intenti e una guida pratica per gli occupanti.
Minigiornale di grande formato e 4 pagine che esce con periodicità irregolare, arrivato al secondo numero uscito ieri, è un deciso passo in avanti rispetto ai fogli volanti che circolano in genere alle manifestazioni di protesta. Un’aria professionale che denuncia chiaramente l’influenza originaria su Occupy Wall Street di Adbusters, rivista canadese che unisce contenuti anticonsumisti e una linea politica antagonista a una spiccata sensiblità alla grafica. Per un movimento che in gran parte si regge sui social media via web, un giornale cartaceo rappresenta una concessione importante all’informazione tradizionale.

Soprattutto è costruito per orientare i neofiti, con pezzi come “L’occupazione spiegata a tutti” o “Principi della solidarietà” e cartine della zona occupata. E anche per spiegare il manifesto ideologico di Occupy Wall Street (niente leader e soprattutto “niente lista di rivendicazioni”, piuttosto una protesta fluida, perché “loro non possono darci quello che non gli appartiene”).

Non manca la firma prestigiosa: su entrambi i numeri compaiono pezzi scritti appositamente da Chris Hedges, ex corrispondente di guerra del New York Times. Oggi Hedges scrive libri ed è un sostenitore del movimento, del quale dice che “di fronte a queste sollevazioni lo stato aziendale ha paura, basta vedere quanti poliziotti hanno mandato”.

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