Roma, 14 dic. (TMNews) – Dio, come c’insegnavano al catechismo all’epoca in cui il catechismo ancora s’insegnava, è invisibile, onnipresente e onnipotente perché nulla di quanto avviene può avvenire senza di Lui. Queste caratteristiche giustificano il nome di “particella di Dio” affibbiata dai divulgatori al bosone di Higgs, pietra miliare del cosiddetto “modello standard”, ovvero l’architettura dell’universo su scala subatomica su cui iu basa oggi la nostra visione concettuale del Tutto, in quanto descrive le particelle e le forze in base alle quali esse interagiscono.
Il bosone di Higgs (i bosoni sono una delle due classi fondamentali in cui si dividono le particelle, l’altra è quella dei fermioni, così chiamati in onore di Enrico Fermi) è invisibile perché per individuarlo sarebbero necessarie energie altissime; è onnipresente perché manifestazione di un campo d’energia, il campo di Higgs, che pervade l’intero universo; è onnipotente perché fornisce la massa a tutte le particelle, e di conseguenza presiede a tutti i fenomeni materiali.
A teorizzare l’esistenza di tale campo d’energia fu nel 1964 il fisico scozzese Peter Higgs, che propose un meccanismo in grado di spiegare come le particelle fondamentali possano avere una massa, e perché le masse associate ai diversi tipi di particelle siano così diverse fra loro: l’elettrone, per esempio, pesa duecentomila volte di meno di un certo tipo di quark. D’altra parte, i valori delle masse associate alle particelle devono essere esattamente quelli che sono perché l’universo possa avere l’aspetto che conosciamo: se l’elettrone pesasse di più, o di meno, tutto il cosmo cambierebbe aspetto. Che cosa sia in sé la massa, però, nessuno è in grado di capirlo. Higgs concepì un “meccanismo” in base al quale l’intero spazio sarebbe permeato da un campo, denominato “campo di Higgs”, concettualmente simile al campo elettromagnetico, come quello generato da un’elettrocalamita. Muovendosi attraverso lo spazio, le particelle devono per forza di cose attraversare questo campo, e quelle che per loro natura interagiscono con esso, acquisiscono la massa. La grande varietà di masse associate alle particelle si spiega così col diverso grado d’interazione che ciascuna di esse ha con il campo di Higgs.
In base a una caratteristica fondamentale della fisica quantistica, ad un campo deve essere in ogni caso associata una particella. Al campo di Higgs, se esiste, deve quindi per forza essere associata una particella: per l’appunto, il bosone di Higgs. Da decenni gli scienziati erano alla sua caccia, perché la sua esistenza conferma quella del campo, quindi l’origine della massa e infine l’esattezza del modello standard, di cui era l’unica componente non ancora evidenziata dal punto di vista sperimentale. La difficoltà stava nel fatto che per evidenziare l’elusivo bosone, attraverso una delle sue tracce lasciate interagendo con altre particelle, era necessario mettere in gioco energie elevatissime. Come quelle, appunto, sviluppate dal grande acceleratore del Cern, che sembra sia riuscito finalmente a trovare l’impronta del passaggio del bosone di Higgs. Molti scienziati hanno di certo tirato un sospiro di sollievo, all’idea di non dover riscrivere per intero tutti i libri di fisica.
Per finire, una curiosità. Higgs, nato nel 1929 e tuttora vivente, è dichiaratamente ateo e non ha mai nascosto che il soprannome di “particella di Dio” dato al “suo” bosone non gli va proprio giù. All’origine dell’espressione sembra sia stato l’ignoto revisore di una casa editrice che, pubblicando un libro divulgativo in cui si parlava della difficoltà di individuare la particella, corresse l’espressione “goddam particle” (maledetta particella), che gli sembrava troppo forte, in “god particle”: particella di Dio, appunto. E così è rimasto.
Fus
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