G20/ Crisi su tavolo ministri, dopo Europa a picco Wall Street

Washington, 23 set. (TMNews) – E’ approdato anche sul tavolo delle discussioni del G20 l’aggravamento della crisi che ieri ha fatto crollare le principali borse mondiali, tra i timori di recessione e le difficoltà dell’Europa di riportare sotto controllo la crisi dei debiti sovrani. I ministri finanziari e i governatori delle banche centrali del G20 – che raggruppa i principali Paesi industrializzati ed emergenti – si sono visti ieri sera a cena a Washington senza nessuna intenzione di emettere un comunicato finale. Una mancanza di direzione che potrebbe ulteriormente deludere gli investitori, allarmati dall’incapacità dei politici di affrontare congiuntamente la tempesta dei mercati come fecero invece nel 2008-2009.

Gli incontri nella capitale statunitense, a margine degli incontri annuali del Fondo Monetario Internazionale stanno così mostrando un atteggiamento tutt’altro che uniforme davanti alla crisi. Lo prova ad esempio l’iniziativa di sei paesi del G20 – Gran Bretagna, Australia, Canada, Corea del sud, Indonesia e Messico – che si sono rivolti ai partner dell’area euro affinché agiscano rapidamente per risolvere la crisi e “impedire che finisca per contagiare l’economia mondiale”. Un messaggio recapitato nella forma di riposta al presidente della Francia, Nicolas Sarkozy, paese che ha la presidenza del G20, il quale ieri a New York aveva avvertito come la crescita economica e la stabilità dovranno essere al centro del vertice del G20 a Cannes.

Accenti diversi rispetto a quelli usati dal gruppo dei cosiddetti Bric, che include pesi massimi del calibro di Brasile, Cina e India, che con cautela hanno dichiarato di avere all’esame la possibilità di conferire più risorse al Fondo Monetario Internazionale per rafforzare la stabilità globale. Ma l’India ha anche messo in chiaro che i Paesi emergenti non si trovano certo nella posizione di salvare i Paesi più ricchi. “Noi rappresentiamo un gruppo di Paesi dove c’è una enorme domanda di risorse per la riduzione della povertà”, ha detto il governatore della banca centrale indiana Duvvuri Subbarao durante una conferenza stampa dei Brics a Washington. E il rischio nemmeno troppo lontano è quello di una enorme tensione sulle limitate risorse del Fondo Monetario, che potrebbe nei prossimi mesi ricevere nuove richieste di assistenza anche da parte di Paesi importanti sull’orlo della recessione.

Preoccupazione anche sul versante statunitense. Da un lato ieri la Federal Reserve ha parlato di una crescita economica in
pesante rallentamento, prevedendo tassi di disoccupazione
persistentemente elevati nei prossimi mesi, e ha deluso con i
suoi interventi. Dall’altro il segretario al Tesoro Usa Timothy Geithner, dopo la sua infruttuosa visita all’Ecofin informale di Breslavia, è tornato a sollecitare una maggiore decisione da parte dell’Europa per bloccare la crisi in corso e sostenere le banche in tensione. “Sono molto fiducioso – ha detto Geithner – che gli europei si muoveranno nella direzione di espandere la loro capacità finanziaria effettiva, stanno solo cercando di capire come arrivarci in un modo politicamente attraente”.

Intanto il panico è arrivato anche a Wall Street e ieri gli indici azionari statunitensi, dopo quelli europei, sono precipitati tra i crescenti timori che l’economia globale sia oramai giunta in una zona pericolosa. Alla fine delle contrattazioni l’indice Dow Jones è sceso del 3,5% a conclusione di una giornata in cui era arrivato a perdere anche il 4,7% in uno scenario di perdite ancora più pesanti in Europa: Londra ha chiuso lasciando sul terreno un 4,67 per cento, Parigi al meno 5,25 per cento, Francoforte con un crollo del 4,96 per cento e Milano il 4,52%. L’euro è crollato sotto 1,35 dollari, ai minimi da febbraio.

Pesano sui mercati le decisioni della Federal Reserve, la banca centrale americana, che hanno deluso le attese e al tempo stesso hanno accentuato le paure sui rischi che incombono sulla ripresa, mentre alcuni osservatori sostengono che la recessione in America è già in atto. Un indicatore molto sensibile, al riguardo, è quello dei prezzi petroliferi, anch’essi pesantemente penalizzati dal timore che il forte rallentamento dell’economia globale si abbatterà sulla domanda di greggio: il future sul Brent per consegna a novembre è crollato di 4,41 dollari a 105,65 dollari al barile, mentre il Wti ha perso 5,22 dollari a quota 80,70.

BOL

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