Lacrime e dolore per “Zavo” «In moto era prudente»

VARESE Gli amici lo chiamavano ancora “Zavo”. Lo stesso soprannome che gli aveva dato il fratello Giorgio, più grande di lui di dieci anni.
Zavo, diminutivo affettuoso di “zavorra”. Come a dire che i due erano inseparabili, anche se il grande si trascinava dietro il piccolo come un peso, a volte.
A ricordare l’origine di quel nome buffo è Luisa, la sorella di Fabrizio Bottinelli, il giovane che ieri ha perso la vita in via Valle Luna in sella a una moto nuova di pacchia.

Una Yamaha nera che aveva dal giorno precedente.
Originario di Morosolo – dove gli amici lo ricordano come un tipo «solare, allegro e giocherellone» – Fabrizio era poi andato a vivere a Bobbiate. Due anni fa si era spostato con Alessandra e trasferito ad Albizzate. Oggi sono tre i paesi in lutto. «Mamma Ornella era sempre preoccupata per mio fratello – continua Luisa – Quando sapeva che doveva prendere la moto sperava piovesse. Quando c’era il sole era sempre in agitazione».
Questo perché nel 2002 Fabrizio era stato coinvolto in un grave incidente sulla strada provinciale del lago. «Da quel giorno era diventato molto prudente e mi viene difficile pensare che abbia fato un sorpasso azzardato – continua la sorella – Anche gli amici avevano notato che era sempre molto attento alla guida. Era stato segnato dalla lunga convalescenza e dal ricovero in ospedale».
Fabrizio era dipendente dal 2001 della fondazione Renato Piatti. Aveva prestato servizio fino al 2004 nella residenza sanitaria assistenziale per persone con disabilità di San Fermo, per poi passare all’allora Cse di Bobbiate.
Dal febbraio scorso lavorava al centro diurno di Bregazzana. Gli ospiti di quelle strutture erano per lui degli amici, da accudire con il cuore. «Erano una parte importante della sua vita» aggiunge Luisa.
«La tragica scomparsa di Fabrizio ci ha lasciati attoniti. Era una figura storica della nostra grande famiglia, aveva mosso i primi passi da noi come obiettore di coscienza e da quella esperienza era nata la motivazione che lo aveva spinto a fare il corso Asa, il tirocinio e poi a essere assunto – è il ricordo Michele Imperiali, direttore generale di Fondazione Piatti – Tutti avevamo già provato per lui un momento di paura nel 2002, quando aveva avuto un grave incidente, sempre in moto, che lo ha tenuto lontano per parecchio tempo dal lavoro. Lentamente, ma con caparbietà, aveva poi ripreso servizio nelle nostre strutture. Apparentemente riservato, esprimeva il meglio di sé con i nostri ospiti, che gli hanno voluto molto bene e a cui mancherà molto, come a noi tutti».

s.bartolini

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