MALNATE Ci sono voluti tre anni ma alla fine Torre Egger è stata domata. L’alpinista Matteo Della Bordella, 28 anni varesino ed ex colonna del Cai di Malnate, ha conquistato la Patagonia aprendo una nuova via sulla parete ovest della Torre Egger. Un’impresa sportiva di grandissimo spessore. La suggestione del paesaggio, le fortissime raffiche di vento che soffiano sul versante cancellando ogni cosa, la lunga distesa di ghiaccio che fa sembrare tutto un enorme deserto bianco che si staglia per chilometri fino all’Oceano. L’ultimo paesino è lontano chilometri e la natura incontaminata e selvaggia la fa da padrona assoluta rendendo ogni azione, anche quella apparentemente più semplice, estremamente complicata.
Matteo Della Bordella ci aveva già provato senza successo nei due anni precedenti. L’alpinista fa parte dei mitici Ragni di Lecco ma i suoi inizi sono targati Cai Malnate. Il varesino, infatti, ha acceso la sua passione per la montagna partendo da Malnate, con gli amici di un’associazione storica della città. Poi la sua evoluzione lo ha portato fino a Lecco. Con i Ragni si è potuto guadagnare la Patagonia: «Questo progetto – racconta l’alpinista varesino –
è nato tre anni fa da un’idea mia e di Matteo Bernasconi. Il primo anno è stata più un’esperienza ricognitiva, dovevamo capire come girava il fumo. Diciamo che l’ambiente è completamente diverso ad esempio dalle Alpi. Il secondo anno ci abbiamo riprovato con qualche speranza in più. Ci siamo fermati dopo un brutto incidente che per fortuna non ha avuto conseguenze ma che, in realtà, avrebbe potuto essere molto più grave. La perseveranza ha pagato, ci siamo tornati per il terzo anno».
A un certo punto il terzo rinvio è sembrato scontato: «Per 35 giorni – racconta – abbiamo dovuto convivere con il maltempo. Scalare era impossibile a causa delle condizioni». Il compagno di avventura Matteo Bernasconi per motivi di lavoro è rientrato in Italia, in Patagonia sono rimasti Della Bordella e Luca Schiera, 22 anni di Erba. «All’improvviso – racconta le condizioni sono migliorate – in quattro giorni, due giorni e mezzo per salire e un giorno e mezzo per scendere, abbiamo completato la scalata della parete».
Un paesaggio suggestivo che è rimasto nella mente e nel cuore dei due alpinisti: «Si vede questa distesa di neve e ghiaccio – ricorda Della Bordella – una distesa che porta fino al Pacifico. Quando siamo andati sul ghiacciaio c’era un vento talmente forte che non si riusciva a picchettare. Anche la tenda era andata completamente distrutta. Da sotto vedi le pareti di rocce di 1000 metri e il fungo di ghiaccio di ottanta metri tipico di questa zona. Un’esperienza davvero unica».
b.melazzini
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