LAVENA PONTE TRESA In principio c’era il muro. Una barriera della lunghezza di 25 chilometri, alta 4 metri e spesso mezzo. Da costruire tra Svizzera e Italia, tra Varesotto e Canton Ticino. «Investendo – si era detto – 50 milioni di franchi per risolvere tre problemi: frontalieri, immigrati irregolari e criminalità in arrivo dall’Italia».
Ora Bignasca ha deciso di fare un passo indietro. Preferendo il pragmatismo alla propaganda elettorale. Ed è tornato con una proposta choc. «Visto che l’invasione di criminali in arrivo da oltreconfine è una realtà in crescita, visto che l’invasione di frontalieri e padroncini deve essere arginata – ha tuonato dalle pagine de Il Mattino – è evidente che bisogna blindare le frontiere. E blindare metaforicamente le dogane è possibile, alla faccia degli accordi di Schengen. Basta piazzare dei posti di blocco di polizia,
che siano permanenti o quasi, in Ticino a 50 metri dai valichi, posti nei quali controllare accuratamente il flusso di frontalieri e padroncini di ogni ordine e grado in entrata in Ticino dagli artigiani ai taxisti!». «Ovviamente – aggiunge – sarà l’occasione, oltre che per beccare le migliaia di padroncini che quotidianamente attraversano il confine per venire a lavorare in nero in Ticino per sanzionare le numerose irregolarità su permessi di lavoro e su mezzi di trasporto».
Insomma lo strumento potrebbe essere utile anche per rimpinguare le casse del Cantone. La proposta di un valico dopo il valico è così sul tavolo. Con un presidio che garantirebbe, stando alla Lega dei Ticinesi, sia l’effetto deterrenza, sia la pronta repressione in caso di inflazioni. «Non è difficile – analizza Bignasca – bastano posti di blocco permanenti o quasi appena fuori dai 17 valichi doganali ticinesi: se per allestirli fossero necessari dei potenziamenti dell’organico delle polizie, non è un problema. I posti di blocco si autofinanzierebbero e consentirebbero anche di incassare un bel gruzzoletto in contravvenzioni».
b.melazzini
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