L’incidenza del tumore alla mammella è di 40.000 nuovi casi all’anno in Italia. Colpisce 1 donna su 10 e nella donna rappresenta il 27% di tutte le patologie tumorali. Negli ultimi anni le possibilità di curare con successo il tumore della mammella sono via via aumentate e oggi questa malattia può essere guarita nella maggior parte dei casi, grazie alla diagnosi precoce, alla disponibilità di nuove terapie mirate e sempre più efficaci, e di tecnologie che consentono, sempre più spesso, di individuare i tumori della mammella prima che si manifestino come noduli o con altri segni clinicamente apprezzabili.
Per arrivare a diagnosi così precoci è tuttavia necessario che le donne si sottopongano a controlli clinici e strumentali con regolarità e con la giusta periodicità. «Dopo i 30 anni, anche in assenza di segnali (dolore in sede mammaria, nodulo, retrazione o alterazione del capezzolo o della cute, secrezione del capezzolo, tumefazione ascellare) è bene controllarsi periodicamente – dice Massimo Grassi, responsabile Unità di Senologia di Humanitas Gavazzeni – a partire dalla visita senologica».
«Diagnosi precoce e prevenzione – prosegue Grassi – sono infatti il punto di partenza di un’azione clinica che si traduce in percorsi diagnostici completi, differenziati in base all’età e all’eventuale presenza di fattori negativi o familiarità. Mammografia digitale, ecografia, risonanza magnetica mammaria, agoaspirato e microbiopsia sono le strumentazioni a disposizione per diagnosticare anche i casi più complessi e impostare i controlli futuri sulla base del rischio individuale di sviluppare la malattia».
Nel caso in cui si manifesti un tumore alla mammella, la pianificazione delle cure, dalla scelta del tipo di intervento chirurgico a quella degli eventuali trattamenti medici e/o radioterapici successivi, avviene a seguito di discussioni collegiali tra medici e di un attento esame delle caratteristiche cliniche e biologiche di ogni singolo caso. Un risultato strettamente legato al modello di organizzazione dell’attività clinica.
“L’Unità di Senologia è inserita in un ambito multidisciplinare, Brest Unit, – aggiunge Grassi -, composto oltre che dalla senologia da più unità operative, aree e servizi dell’ospedale (oncologia, radioterapia, radiologia, medicina nucleare, anatomia patologica, chirurgia, psicologia, fisiatria) che, agendo insieme, permettono di affrontare e risolvere nel migliore dei modi, moderni e oncologicamente corretti, ogni problema che il percorso di malattia mammaria presenta con un reale e dimostrato beneficio per ogni paziente”.
Per quanto riguarda l’approccio chirurgico, precisa Grassi “l’impegno è proporre soluzioni per garantire non solo un efficace controllo della malattia ma, anche, il miglior risultato estetico e funzionale grazie alla stretta collaborazione fra i chirurghi senologi e plastici e al ricorso di moderne tecniche di chirurgia radioguidata che consentono di individuare e asportare correttamente lesioni tumorali non palpabili, il linfonodo sentinella che viene esaminato in sede intraoperatoria”.
In particolare viene utilizzata con validi risultati la metodica biomolecolare – tecnica OSNA, One Step Nucleic acid Amplification – Amplificazione in singola fase degli acidi nucleici – che ha il vantaggio di ridurre i tempi per l’esame del linfonodo sentinella durante l’intervento di asportazione del tumore, non essere operatore dipendente, e consentire, nel caso si rilevasse la presenza di micro o macro metastasi, di eseguire immediatamente, se indicata, la dissezione ascellare evitando così alla paziente un secondo intervento chirurgico”.
E poi c’è la sfera psicologica e la qualità della vita delle pazienti. Imprescindibili. “E’ fondamentale offrire supporto psicologico e assistenza riabilitativa necessaria per l’evoluzione della malattia – conclude il responsabile dell’Unità di Senologia di Humantias Gavazzeni –. Tutte le donne trattate per neoplasia mammaria, una volta concluso l’iter terapeutico, sono inserite in un programma di controlli ambulatoriali differenziati per periodicità in funzione delle caratteristiche della loro malattia”.
a.ceresoli
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