«Non sappiamo cosa sarà di noi. Siamo abbandonati da mesi senza nessuna sicurezza». Sciopero della fame ad oltranza dei rifugiati ospiti del centro di prima accoglienza di Marzio allestito in un hotel “gelido e isolato”, spiegano i rifugiati.
«Confinati qui, senza capire cosa accade». In tutto 28 persone di nazionalità completamente diverse: siriani, etiopi, somali, afgani e albanesi. Intere famiglie: «Abbiamo con noi cinque bambini tra i sei e i 12 anni – spiegano i rifugiati – E nessuno di questi bambini va a scuola. Ci sono piccoli che sono qui da cinque mesi in attesa costante».
Dall’altro ieri i profughi hanno iniziato lo sciopero della fame: «Nessuno ha mangiato niente – spiegano – Abbiamo fatto un’eccezione per i bambini ma i bambini, per primi, hanno voluto a loro volta scioperare fianco a fianco con gli adulti. Andremo avanti sino a quando la situazione non si chiarirà».
Una situazione drammatica della quale si è fatto carico anche , siriano immigrato in Italia più di vent’anni fa (cittadino italiano da tempo), membro del Coordinamento per l’integrazione.
«È il sistema che non funziona. Certo possiamo ringraziare l’Italia che accoglie. Ma accoglie senza adeguate strutture». Ed è lui stesso a muovere una critica che è giunta, dopo i fatti di Lampedusa da ogni colore politico: «Manca una seria politica dell’accoglienza – spiega Kadi – Queste persone arrivano senza nulla. Sono persone che evidentemente hanno dei problemi. Si ritrovano senza informazioni, senza parlare la lingua italiana. Viene loro detto che resteranno nei centri di pronta accoglienza per due mesi. Poi i mesi passano senza che riescano a capire perché sono ancora lì».
Quello dell’istruzione è uno dei temi messi sul piatto dai profughi in sciopero della fame: «Perché i nostri bambini non vanno a scuola? Perché non ci mandano almeno un insegnante che possa istruire i nostri figli. E insegnare a noi almeno i rudimenti della lingua italiana».
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