M.O.; Min. Israele: temiamo riconciliazione Obama con musulmani


Gerusalemme, 3 giu. (Apcom)
– Israele spera che il discorso di riconciliazione al mondo musulmano che il presidente americano Barack Obama pronuncerà domani al Cairo non sarà a spese dello Stato ebraico: lo ha detto il ministro dei Trasporti, Israel Katz, uno stretto alleato del primo ministro Benjamin Netanyahu di cui è considerato il portavoce.

“Il presidente americano ha il diritto di tentare una riconciliazione con il mondo musulmano per fare concorrenza ad al Qaida o all’Iran e conquistare il suo cuore: da parte nostra dobbiamo verificare che questo non metta in pericolo i nostri interessi comuni” con gli americani, ha dichiarato alla radio militare Katz.

Il ministro ha anche tenuto a sottolineare che Obama è “amico di Israele”. “Ma ha un approccio differente (da quello del presidente George Bush), invia altri messaggi al mondo arabo e musulmano, è un’altra realtà, che non è facile”, ha aggiunto.

Il presidente americano pronuncerà il discorso in un periodo di tensioni fra Israele e Stati Uniti a seguito del rifiuto di Netanyahu di accettare l’idea di uno Stato palestinese e di congelare interamente l’espansione delle colonie in Cisgiordania come vorrebbe Obama.

“Esiste una cooperazione intensa fra Israele e Stati Uniti ma le divergenze si sono aggravate di recente”, ha ammesso Katz, criticando di nuovo le pressioni esercitate dal presidente americano per imporre un blocco totale delle costruzioni nelle colonie ebraiche. “L’attuale governo non congelerà la crescita naturale della popolazione nelle colonie di Giudea-Samaria (Cisgiordania) e di Gerusalemme, non c’è nessuna esitazione a tale riguardo”, ha ribadito. Katz ha tuttavia sottolineato che il Primo ministro non esclude di “dar prova di una certa flessibilità”, alludendo a 22 colonie illegali create da dei coloni estremisti di cui il governo è pronto ad ordinare lo smantellamento. Da parte sua, il presidente americano ha escluso per il momento qualsiasi compromesso sulla questione rifiutandosi, come la comunità internazionale, di distinguere fra colonie “legali o illegali”.
(con fonte Afp)

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