New York, 29 ago. (TMNews) – Irene, ora tempesta tropicale, non rappresenta più una minaccia, almeno per la parte di East Coast da New York in giù. Ora però che la situazione è più tranquilla, che lo scenario peggiore non si è verificato (tutta la parte meridionale di Manhattan, per esempio, non è finita sott’acqua) e l’allarme è passato restano i danni. E le inevitabili polemiche.
Qualcuno già comincia a chiedersi se la reazione del sindaco di New York Michael Bloomberg e, più in generale, del Fema (la protezione civile americana) e dello stesso presidente Barack Obama non sia stata eccessiva. Per dirne una, a New York l’intero sistema di trasporti pubblici non era mai stato completamente bloccato, neppure dopo gli attacchi dell’11 settembre.
Non è solo una questione emotiva, di cautela esagerata o di aspettarsi il peggio e sperare nel meglio. E’ questione di costi, non solo quelli dei danni materiali e per la ricostruzione delle zone danneggiate. A New York tutti i teatri di Broadway sono rimasti fermi, lo stesso i cinema, i ristoranti e i locali notturni che tutti insieme girano un indotto di miliardi di dollari, andato in fumo nel fine settimana. Senza contare i problemi provocati a chi doveva andare al lavoro e non ha potuto per il blocco dei mezzi di trasporto pubblici.
Il primo a scagliarsi contro il presidente Obama è stato Ron
Paul, candidato alla nomination repubblicana per la Casa Bianca,
che non ha esitato a definire inutili i suoi sforzi e “una
inutile spesa che non farà altro che aumentare il deficit”
l’intervento su larga scala del Fema. Anche Rick Perry,
repubblicano in corsa per la presidenza, si è trattenuto a
malapena: “la gestione dell’economia è quello che importa agli
americani e in quel senso Obama è un presidente disastroso.
Sull’uragano vedremo, per ora non commento, voglio vedere come
andrà a finire”, aveva detto, ma verosimilmente ora non si farà
troppi problemi a sparare a zero sul presidente.
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