«L’unico cruccio è non poter mai fare l’aperitivo, perché le vacche si devono mungere tutti i giorni alle 17.30, venerdì e sabato compresi».
, 27 anni, giovane agricoltore esperto in zootecnia della fattoria Valleluna, si racconta. E soprattutto racconta cosa significa lavorare tra campi e stalle praticamente in centro Varese, coniugando l’attività campestre ai passatempi più modaioli degli amici. Primo fra tutti: la musica.
«Ho portato nelle stalle gli stereo per capire se, ascoltando brani di musica classica o di musica italiana, le vacche incrementassero la produzione di latte – spiega – A prima vista si direbbe che ne giovino. Importante, però, è non esagerare con i bassi, perché le vacche amano Vivaldi o Mozart, non la techno-hardcore».
Dovendo star dietro agli animali – un impegno che non conosce sabati, domenica e giorni di festa – Stefano ha trovato il modo di invertire il trend: «Io non posso seguire i miei amici ovunque, e così li convinco a venire qui». Domenica, per esempio, il giovane ha organizzato un festa di compleanno per un amico. Per sfamare gli invitati ci sono volute ben due porchette. Un vero e proprio evento, con tanto di dj, che ha inondato la valle di musica. «Oppure organizzo cose tipo “la sagra della balletta”. In pratica, chi partecipa deve aiutarmi a preparare le balle di fieno – dice Stefano – I miei amici vengono per farsi i muscoli come in palestra e, con due risate e un po’ di vino, il tempo passa prima».
Essere un giovane agricoltore significa anche riuscire a introdurre in azienda qualche novità: «Un esempio è la macchina per tagliare il legno – spiega – È un impianto “automatizzato” con un nastro su cui passano i tronchi e “un’affettatrice” che li riduce in pezzi. La legna è quella che otteniamo con la pulizia dei nostri terreni». Le tecnologie, giorno dopo giorno, semplificano il lavoro.
«Diciamo che fare l’agricoltore non è più come una volta, per esempio non ci si deve più svegliare all’alba. Per mungere le vacche basta alzarsi alle 6.30 e si riesce a star dentro nei tempi – conclude Stefano – Quando ero più giovane invidiavo i miei coetanei che andavano a letto dopo la discoteca, io invece mi mettevo gli stivali e scendevo in stalla. Una faticaccia».
«Adesso mi sembra quasi di fare un lavoro come un altro. Anche ai miei amici non fa più effetto sentirmi dire: “per un mese non chiamatemi, devo fare il foraggio”. Certo, la crisi si sente, ma alla fine sono convinto che non mi vada poi così male».
r.foglia
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