Pentole, rabbia e striscioni Ma il Giro di Padania continua

LONATE POZZOLO E alla fine il Giro delle polemiche arrivò in provincia di Varese. Anche la tappa di ieri del Giro di Padania è stata caratterizzata da manifestazioni di protesta. Contenute nei numeri, ma molto rumorose.
A darsi appuntamento alla partenza della tappa, a Lonate Pozzolo, poco dopo il traguardo c’erano Cobas e sindacati di base, con pentole e bandiere. Alle spalle del punto di partenza altri manifestanti: No Tav, contrari alla Terza Pista di Malpensa,

esponenti dell’Uisp, Unione Italiana sport per tutti. Non più di 50 persone in tutto, determinati però a far sentire la propria voce contro una manifestazione, a loro dire, di chiaro stampo politico. «Non siamo contro la manifestazione sportiva – spiega Antonio Ferrari, Cobas Cub -. Perché, però, la Lega è qui e non viene invece a vedere le aziende che chiudono?». Secondo il sindacato di base gli uomini del Carroccio dovrebbero cercare di risolvere i problemi, facendo pagare la manovra ai più ricchi e non perdere tempo in pagliacciate.
«Noi siamo contro la violenza – dice ancora Ferrari – ma anche vivere tutti i giorni senza un lavoro è una forma di violenza».
Sull’altro fronte attimi di tensione tra quelli che si sono definiti “Antileghisti varesini” e le forze dell’ordine, schierate a protezione della gara. Alla fine tutto è andato bene. Manifestanti e agenti di polizia si sono guardati negli occhi a lungo, ma senza alcun incidente. «La Lega qui vuole la Terza Pista di Malpensa, in Val di Susa la Tav – urla al megafono una delle manifestanti -. Svegliatevi leghisti. Devastare il territorio: questo è lo sport della Lega».
“Lega fòra di ball!” lo slogan più urlato. Tra i cartelli: “la Padania non esiste, la Lega purtroppo sì” e “a Bergamo abolita dalla Lega la maratona perché vincevano gli Africani”.
«Si tratta di persone che abitualmente non hanno molta visibilità e approfittano di questo momento per urlare le loro idee – commenta Giangiacomo Longoni, consigliere regionale della Lega Nord -. Si tratta di una gara riconosciuta e mi sembra democratico permettere ai ciclisti di fare il loro lavoro». Ma non è una manifestazione di partito? «Assolutamente no! E’ la manifestazione di un territorio».
«Possono manifestare quanto vogliono, siamo in un paese libero – risponde Renzo Bossi -. Però devono rispettare i corridori, che fanno il loro lavoro». D’altra parte, sostengono i leghisti, la sinistra organizzava il Gran Premio di Liberazione. Ma non è il caso di fermare la gara? «Assolutamente no – risponde il Trota -. Il Giro di Padania non si ferma. Sono i corridori stessi a chiedere di andare avanti».
Già, perché la gara, comunque, va avanti. Per tutta la mattina i corridori sono sfilati sul palco, davanti agli occhi ammirati degli appassionati. Il lato della strada era decisamente affollato. In molti non hanno voluto perdere l’occasione di vedere da vicino i campioni in gara. La tappa si è conclusa a Salsomaggiore Terme con la seconda vittoria di Sacha Modolo, passato a vestire la maglia verde del leader della gara. Sul traguardo ha preceduto Elia Viviani e Danilo Napolitano. Prima, però, tafferugli nel parmense, all’altezza di Tabiano, dove un gruppo di manifestanti ha cercato di fermare la tappa. Nel tentativo di sfondare il cordone di sicurezza un esponente della Cgil ha travolto e gettato a terra un carabiniere. L’uomo è stato fermato con l’accusa di oltraggio a pubblico ufficiale. Oggi, proteste promettendo, si corre la quarta tappa. Da Noceto a San Valentino di Brentonico, in Trentino. Quell’autentico tappone alpino che Ivan Basso ha detto più volte di volere assolutamente vincere.
Tiziano Scolari

s.bartolini

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