I «mitici» 80 euro in busta paga da maggio, per «10 milioni di lavoratori». Il presidente del Consiglio Matteo Renzi scende in conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri e con 10 tweet («per le slide, questa volta – ammette – non c’è stato tempo») illustra il decreto legge «Italia coraggiosa». «Parola mantenuta, alla faccia dei gufi e dei rosiconi», dice, spiegando di aver preferito rinviare il bonus per gli incapienti e le novità per gli autonomi pur di approvare la misura così come l’aveva annunciata nelle scorse settimane.
I «denari», sottolinea poi, sono «strutturali» e se per il 2015 non sono scritti nero su bianco nel decreto saranno indicati, assicura, nella Legge di stabilità 2015. Tetto di 240 mila euro agli stipendi dei manager e degli «alti magistrati» (la norma «Olivetti»), tagli alla Difesa per 400 milioni, di cui 135 milioni di euro arriveranno dagli F35, risorse dall’aumento della tassazione delle plusvalenze di Bankitalia (la voce più corposa quest’anno con 1,8 miliardi) e dagli introiti Iva ma anche dal pacchetto sobrietà e dalla centralizzazione degli acquisti di beni e servizi.
Si tratta in tutto di risparmi per 6,9 miliardi quest’anno che raddoppiano l’anno prossimo. È una «rivoluzione», secondo il premier, quella che è cominciata, in grado di ridare «soldi ma soprattutto speranza e fiducia agli italiani». È per questo che si chiedono sforzi a chi finora la cinghia non l’ha tirata, dai dirigenti alle toghe. Anche se questo porta polemiche: «Non ho paura – assicura Renzi – di dire che mettere un tetto agli stipendi delle toghe non è un attacco alla indipendenza della magistratura». E poi rivolto all’Associazione nazionale dei magistrati (Anm): «Io non commento le sentenze e mi aspetto che i giudici non commentino il processo di formazioni delle leggi che li riguardano». Le leggi, «esattamente come le sentenze, si rispettano – è però la replica in serata del presidente dell’Anm, Rodolfo Sabelli – ma si possono commentare».
Tra quelli che dovranno fare la loro parte, anche la Rai: «È chiamata a concorrere al risanamento con 150 milioni di euro, è autorizzata a vendere Rai Way e a riorganizzare le sedi regionali. Ma – concede Renzi – deciderà lei che cosa fare». Con in testa la «semplificazione» della macchina amministrativa, poi, il governo ha deciso di sforbiciare le municipalizzate che si vedono ridotte da 8 mila a mille. Il che oltre che semplificare farà fare anche cassa, come la stretta sulle auto blu e sugli spazi a disposizione dei dipendenti che oggi dispongono di 44 metri quadrati ciascuno e che da domani si dovranno accontentare della metà.
Un taglio che invece non c’è, sottolinea, è quello alla sanità: «Se qualcuno trova la parola Sanità nel decreto – è la sfida del premier – gli pago da bere». D’altro canto, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin aveva annunciato battaglia: «Combatterò fino all’ultimo», aveva detto. Insomma, è la convinzione del premier, il governo è passato dalle promesse ai fatti smentendo anche quanti lo accusano di misure spot ed elettoralistiche.
Come dimostra, è l’esempio del presidente del Consiglio, l’abolizione delle tariffe postali agevolate ai partiti per i candidati in piena campagna elettorale. Non a caso una misura sulla quale i ministri si sono mostrati scettici, racconta lo stesso Renzi: «Si sono fidati di me e di Padoan». Il ministro dell’Economia, intanto, assicura come grazie al mix di interventi a breve termine e riforme strutturali ora «l’Italia possa guardare avanti», confidando di poter tornare a crescere nel prossimo futuro.
«Il prossimo anno – annuncia Padoan con orgoglio – abbiano addirittura più risorse di quelle necessarie. Così rimane un grado di libertà: un sogno, per chi fa politica economica». Un’annotazione grazie alla quale Renzi può dire di «non temere l’esame del Parlamento. Queste misure – chiosa – mi paiono godere di un ampio consenso politico. E mi chiedo come fanno i grillini a non votarle».
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