Questa è una dichiarazione di guerra. A chi pensa che il Varese stia retrocedendo in campo (squadra a lampi svuotata e in balia della sfortuna, che però non si crea da sola) e fuori: società assente nell’ultima settimana mentre montava l’apatia o l’apparenza che tutto fosse a portata di mano. Nessuna voce del padrone, Sottili abbandonato e costretto a portare da solo il peso di una battaglia campale. Una cosa sappiamo, e ve la urliamo in faccia: il Varese non può retrocedere. Prima che ciò accada, scorrerà il sangue. Di tutti.
L’immobilità di 3.000 persone negli ultimi dieci minuti ferisce, commuove, imbastardisce. Perché tuona più di un colpo di cannone: 25 anni per tornare in B, sei partite per perderla. Ma quello che ci ha condotto in B non è passato: è ancora qui, tra noi, anche quando non lo vedi. Bastano un paio di telefonate e un accordo segreto. La vecchia guardia della squadra, voi che ci leggete, la curva piena e uno per uno i pochi spettatori spettatori degli altri settori: loro da soli hanno portato il Varese in B, e ce lo terranno.
Guarda il tuo passato e trovi il coraggio per il presente. Guardate Corti e diteci se volete seguirlo o lo lascerete affrontare da solo quest’ultima lotta immane. Guardate Zecchin, immaginate Neto – da qualche parte, dentro di noi e di voi, esiste lo spirito di Neto – e diteci se il loro Varese retrocederà. Pensate a Pavoletti e a Oduamadi e chiedetevi se sarete compagni o avversari. Se ce li vedete, o se li mandate, in serie C.
L’incubo di non esserci più l’anno prossimo, la fatal Cittadella che vuole vendicarsi pure di Di Roberto: tutto il mondo che ci vede retrocessi. Ma ci fa anche dire: siamo nella condizione di perdere tutto, quindi siamo il Varese. Che quando sente l’odore del suo sangue, fa scorrere quello degli altri. Non bastano 7 giorni e un sabato di maggio in Veneto per uccidere chi è tornato dalla morte dopo 25 anni: vieni avanti, Cittadella.
Chi pensa di retrocedere, ha chiuso: con noi e con Varese. E resterà nella storia: la più buia. L’ossatura c’è, i giocatori che hanno un cuore anche, l’allenatore e i tifosi che ci muoiono sopra, pure. È poco? No, tutto.
Andrea Confalonieri
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